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IL FILM: LA GUERRA DEI ROSES

22/2/2011

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Paradossale commedia tragicomica, La guerra dei Roses (DeVito, 1989) illustra efficacemente come si può passare da una passionale storia d’amore, al raffreddamento, alla guerra e all’odio più distruttivo. Accade tra i due coniugi Rose, Oliver e Barbara, che Michael Douglas e Kathleen Turner interpretano in maniera molto realistica. 

A nulla valgono gli sforzi del riflessivo avvocato Gavin D’Amato, interpretato dallo stesso regista Danny DeVito per fare ragionare la coppia. I figli, gli amici, i colleghi assistono impotenti alla spirale distruttiva talvolta grottesca dei coniugi Roses che giocano al rialzo tra umiliazioni, dispetti, intenzionali disattenzioni. 


Un film leggero e pesante allo stesso tempo, da godersi nelle parti comiche, da riflettere nelle parti più drammatiche. Un film che provocatoriamente definirei “educativo” per imparare cosa “non” fare nelle relazioni, e il tragico epilogo, come la morale finale nelle novelle di Esopo, dovrebbe mettere in guardia tutti quelli che a volte giocano a farsi del male.

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DALLE STELLE ALLE STALLE

22/2/2011

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Ciao Marco, sono appena tornato da due giorni stupendi al deserto organizzato dalla mia parrocchia. Un’esperienza forte, di unione e di senso di appartenenza attraverso la preghiera. Abbiamo finito l’adorazione alle 22 e sono andato a casa da mia moglie. Non ho fatto in tempo a salire in casa che mi ha segato: «Devo ancora finire di riordinare. Ho ripassato con tuo figlio fino alle nove, con gli altri da mettere a letto. E tu dov’eri?». Non mi aveva nemmeno salutato, tanto meno abbracciato o solamente sorriso. Vabbè, faccio anche a meno di tutte queste romanticherie, ma lo sbalzo tra il paradiso in cui ero e l’inferno in cui mi sono trovato mi fa seriamente pensare...

(via mail)



Sento il tuo dolore e ti sono vicino. Sì, è esperienza comune, quando si cade dal Paradiso si rischia di sentire un maggior dolore. Si cade da più alto. Naturale! Quando si vola a rasoterra, senza tante pretese, vivacchiando, un’accoglienza del genere rientra nella norma: «La solita brontolona... vabbè mi piazzo davanti alla tivù e la lascio sfogare, chissà che le passi in fretta...»

Ma quando si è immersi in un clima “paradisiaco”, ci si aspetta un’incontro profondo, magari una condivisione delle cose belle che si sono vissute.

«Com’è andata caro? Che cosa avete meditato? Cosa ha detto il sacerdote? Hai pensato a qualcosa rispetto alla nostra vita?» Desiderio legittimo ma non scontato. Allora è facile scoraggiarsi, e a volte anche diventare cinici anche rispetto alla vita di fede: «Sì, col cavolo che vado ancora al deserto, la prossima volta vado a giocare a biliardo come fanno tutti i miei amici. Essere rimproverati quando si va al bar, ci sta, ma per un momento di preghiera... è troppo!».

Carissimo, dove splende la luce le ombre sono meglio visibili.

E' naturale che tu veda e soffra gli attriti che ci sono nella tua famiglia.  Sento molta delusione. Don Oreste ci ricordava sempre che la delusione è figlia dell'illusione.
E allora di che cosa ti eri illuso? Che pregando tutto si trasformasse magicamente? Che le tue emozioni si anestetizzassero? Che quello che avevi lasciato irrisolto si risolvesse? Che magari ci fosse una sanatoria rispetto alle disattenzioni e alle assenze degli ultimi mesi? Ahi ahi ahi...

Non è il mio campo, ma non mi risulta che la preghiera tolga le normali difficoltà della vita; mi risulta piuttosto che aiuti a vedere le difficoltà in un’altra ottica. L’ottica di chi sa che può contare sulla speranza, sulla vicinanza di Dio, sulla capacità di non spaventarsi e di non lasciarsi sopraffare dalla disperazione, di rilanciare sempre. Chi ti potrà impedire di amare di più? Di amare nonostante la delusione? Di amare per primo? Di cercare di accogliere prima che di essere accolto?
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IL MIO MATRIMONIO E' UN CALVARIO

18/2/2011

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Gent. dott. Marco, sono sposata da 10 anni e per me il matrimonio, fin dal primo giorno, è stato un calvario. Mio marito è perennemente infastidito, si alza di malumore, ogni mia parola potrebbe scatenare la sua ira: a volte mi sento come un’equilibrista, in bilico su una corda sottile sopra un baratro; altre volte mi sento imprigionata in una strada senza uscita. Nonostante questo non ci siamo ancora lasciati, anzi, abbiamo provato ad andare da psicologi, terapisti familiari, preti che però non sono riusciti ad aiutarci. Io rimango convinta che mio marito necessiti di psicoterapia, ma lui non vuole. Vorrei che cambiasse l’atmosfera soffocante che ci impedisce di godere della reciproca compagnia e affetto. Cosa mi consiglia? 
                   Clelia - Treviso


Cara Clelia, quanta sofferenza nelle tue parole! "Un calvario, un baratro, una strada senza uscita". E quanta delusione per i tentativi falliti di dare una svolta alla vostra relazione. E quanta pazienza! Pazienza deriva da patior, che è la capacità di soffrire, ma ha anche la stessa radice di pathos, che è la capacità di sentire la gioia e il dolore che l’incontro con l’altro procurano. «Ma quale gioia? - dirai tu - qua sembra tutto un incubo». Hai ragione, tutti meritiamo rapporti sereni e amorevoli. Ciò che faccio fatica a comprendere, Clelia, e su questo vorrei eventualmente orientarti, è come tuo marito vive la tua riflessione. La condivide? La subisce? La pensa in maniera differente? Il fatto che non si capisca – ma è solo un’ipotesi – mi mette il dubbio che siate molto lontani nella "ricerca di senso" a dare alla vostra unione. Cioè, prima di intraprendere qualsiasi cammino, è necessaria una fase molto delicata di condivisione del problema e di definizione degli obiettivi di crescita personali e di coppia.

E se leggo che tuo marito ti ha seguito nei vari percorsi (molti mariti sono “trascinati” dalle mogli, è comune) quel tuo vederlo bene in psicoterapia è un qualcosa che mi sa da invio esterno, e ci credo che lui si ribelli. Ognuno vuole essere artefice del proprio cammino di crescita; è difficile da accettare Clelia, ma è così. Ma sei tu che scrivi e allora la domanda è: che cosa puoi fare tu? Chiediti: perché sono ancora così condizionata dal suo umore? Perché questa forma di dipendenza reciproca? Probabilmente avete creato un cortocircuito per cui tu ti aspetti qualcosa di buono, lui si sente pressato, non ci riesce, e allora si comporta sempre peggio. Pensa un po’ più a te stessa Clelia, dedicati tempo per trovare il tuo equilibrio e la tua pace, liberati da questa simbiosi. Solo così potrai amarlo veramente. E se, come fai intendere dalla lettera, lui ha meno strumenti di te, sarà questo passaggio ad aiutarlo a prendere coscienza di sé ed eventualmente a suggerirgli un percorso personale. Coraggio! La svolta può essere dietro l’angolo.
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"IO" NON MI SENTO CAPITO!

1/2/2011

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ANCHE QUELLE CHE CONSIDERATE BANALITA', VI DARANNO INFORMAZIONI PREZIOSE PER CAPIRVI.

Caro Marco, nella tua rubrica, come in molte simili di altri giornali, si sente spesso la solita solfa: «Mio marito non mi ascolta, io non mi sento capita», le donne sensibili, empatiche, e i maschi un po’ orsi che hanno bisogno di un corso di formazione alla comunicazione. Beh, con tutto rispetto, non è che le cose siano sempre così. Io sono sposato – tra alti e bassi – da 15 anni e spesso mi è capitato di non sentirmi capito da mia moglie. Penso che queste grandi esperte di relazione, dovrebbero fare qualche sforzetto per capire che noi uomini non siamo come loro. I temi sono diversi, ma la capacità di ascolto e di comprensione dovrebbe essere di entrambi. Il bisogno di gareggiare e fare sport, la voglia di uscire con gli amici, i film d’azione, l’impegno sociale... insomma, come si può far capire che non è che i loro sono bisogni e i nostri sono capricci. Mi pare che i consulenti siano un po’ sbilanciati. Grazie.

Antonio


C’è un po’ di rancore nella tua interessante riflessione, Antonio, qualche rospetto di troppo che ti pare di avere ingoiato. Tutto in buona fede, pare.

Passano gli anni, cerchi di essere comprensivo del mondo di lei, e non sempre ci riesci. Poi avanzi richieste “banali” e ricevi picche! Ma come? Non posso bermi una birra in compagnia? Non possiamo guardare insieme “007 “o la “Trilogia di Jason Bourne”? Non posso buttarmi a capofitto nell’organizzazione di una manifestazione del paese dove tutti mi diranno che sono bravo? Sì, hai ragione, potrem- mo considerarli il corrispettivo maschile rispettivamente delle lunghe telefonate con le amiche a parlar di tutto, della visione dei “Ponti di Madison County” o della passeggiata al parco durante la quale tutti dicono a lei: «Ma sono suoi questi bei bambini? Che brava mamma!».

Piccole grandi soddisfazioni al maschile e al femminile. Che dire, Antonio? Non mi resta che convenire con te, anche per ovvie ragioni di alleanza maschile, e perché dici che siamo sbilanciati...

Ricordate però una cosa semplice: il rapporto a due non è un gioco a somma zero. Avete capito che basare la vostra felicità (solo) su reci- proche concessioni vi lascerà sempre insoddisfatti. L’animo umano è appagato dalla relazione profonda. Vi pare difficile quando si è così diversi? Provate allora a stupirvi della vostra diversità. Provate ad immergervi nel mistero delle differenze. «Ma che cosa ci troverà nel parlare con le amiche?».

«Ma che ci sarà di intelligente nel parlare di calcio davanti ad una birra?». Provate a volgere la vostra attenzione non tanto al vostro disappunto quanto alle sfumature dell’umore dell’altro. È più felice? Meno? È deluso? È confusa? E non dite: «Ma le cose importanti della vita sono altre». Vedrete che anche quelle che considerate banalità come quelle che vi ho citato vi daranno informazioni pre- ziose per capirvi. Comincia pure tu, è un bell’esercizio anche da fare da soli.
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VITA DA GENERO

1/2/2011

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IL SI CHE AVETE DETTO IL GIORNO DEL MATRIMONIO ERA SOLO L'INIZIO.

Dottore vengo subito al dunque: non che in linea di principio io sia contrario a vivere con mia suocera ma, dopo 8 anni sento di essere in una condizione molto pericolosa.

Mia moglie fa una specie di comunella con lei e io mi sento proprio tagliato fuori. Il problema è che una volta mi arrabbiavo, adesso non più. Le vedo lì, a parlare delle loro cose e a decidere anche della mia vita. Sembrano sorelle: stessa parrucchiera, stesso taglio di capelli, a volte addirittura si scambiano i vestiti. È una cosa che proprio mi urta.
Comunque, in breve, io per mia moglie non provo più nulla e sto seriamente pensando di lasciarla. Contenta lei, visto che con la mamma sta tanto bene...
Ma ho qualcosa che mi rode, che non riesco a definire bene.


Roberto via e-mail


Cos’è che rode? La rabbia di aver sprecato tutti questi anni? La delusione di non aver trovato una via di accesso verso tua moglie? La frustrazione di sentirti un po’ passivo in tutta questa storia? O è forse il sentimento sconcertante di buio rispetto al vostro futuro?

La tua mail, Roberto, sembra il grido di una persona imprigionata: non c’è futuro, non c’è speranza, non c’è progetto. Pure la spinta propulsiva della rabbia ti ha la- sciato.

Queste due donne con un rapporto così potente ti spaventano e ti hanno bloccato. Come mai? È stato così fin dall’inizio o siete scivolati piano piano in questa situazione?

Dalla tua lettera non si capisce. Si scorgono solamente dei tentativi che probabilmente sono stati o troppo timidi o impulsivi. È così, Roberto, non sei ancora entrato nel cuore di tua moglie e quindi preferisci mollare. Eppure, anche in questo momento così buio, tua moglie ha bisogno di te. 
Il rapporto tra madre e figlia è molto forte e alcuni sostengono che non si risolva mai del tutto. Solo nell’evolversi delle storie familiari può trovare il giusto senso e la giusta dimensione, quando la coppia, la coniuga- lità, riesce a dare quel senso di pienezza e di completezza che permette di gettarsi in un progetto a due, che tiene conto dei propri genitori ma che è chiamato a costruire qualcosa di nuovo.

Ti consiglio di rivolgerti ad uno psicologo o ad un consulente che ti possa aiutare perché probabilmente quello che stai vivendo non dipende solo dalla tua vita ma- trimoniale. Anzi, può essere l’occasione perché tu possa prendere in mano alcuni nodi non risolti della tua storia.

Io penso che tu debba fare una scelta adulta, consapevole, responsabile. Tu e tua moglie vi siete scelti, ma il sì che avete detto nel giorno del matrimonio era solo l’inizio e l’impegno di un sì quotidiano per il futuro. Quando uno è più debole, l’altro lo dica più forte. Nel tuo caso, se senti che tua moglie è più sposata alla mamma che a te, chiamala con coraggio, come un cavaliere dall’armatura scintillante che riconquista la sua dama. Vedrai, te ne sarà grata.
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IL FILM: RICORDATI DI ME

1/2/2011

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In famiglia ma soli.
Una famiglia apparentemente normale ed unita quella nella quale entriamo nel film Ricordati di me (Muccino, 2003). Ma il clima è di nevrotica e angosciante normalità. Perché? Perché Carlo, il padre, che voleva diventare uno scrittore, lavora per una società di assicurazioni; Giulia, sua moglie, è una professoressa di lettere che aspirava a diventare attrice; Paolo, il figlio, è il solito insicuro che non riesce a dichiararsi alla ragazza che gli piace; Valentina desidera diventare una velina ad ogni costo. Ognuno chiuso nel suo mondo in bilico tra la realtà e l’illusione. La situazione precipita quando Carlo incontra la sua vecchia fiamma. Da quel momento Giulia cadrà nella disperazione più totale. Molto intense le scene del conflitto coniugale che prorompe in primo piano mentre i due figli – annebbiati e confusi sullo sfondo – sono lasciati soli in balia delle loro intemperanze adolescenziali.

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MIO MARITO VA A PROSTITUTE

1/2/2011

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Ciao Marco, vorrei un consiglio su come uscire da un vicolo cieco: 8 anni fa ho scoperto che mio marito è andato un paio di volte a prostitute appena ci siamo sposati. Ho sofferto moltissimo, abbiamo cercato aiuto. Dopo qualche anno ho scoperto che andava a visitare siti pornografici. Lui ha chiesto scusa, mi ha giurato che non l’avrebbe più fatto. Poi qualche mese fa ho scoperto che “chattava” con una ragazza in modo un po’ provocante... Io credo nell’indissolubilità del matrimonio, credo nel perdono, ma non riesco a perdonargli la sua falsità, infedeltà e scorrettezza. Il tempo non guarisce nulla. Non ho fiducia in un uomo che mi ha tradito e che ancora oggi a volte mi nasconde delle cose.

Lettera anonima


Carissima, quanto dolore! Soffri e hai il coraggio di chiedere aiuto, lui persiste, credi nel matrimonio ma senti che il tempo non guarisce nulla: ecco il vicolo cieco. Quello che è successo è molto grave, e non è facile lenire ferite così profonde. Anche tuo marito, che commette questi errori, evidentemente si porta dentro delle sofferenze molto profonde. Andare a prostitute intorno al matrimonio, rifugiarsi nel mondo virtuale, è segno di una grande fragilità interna, della paura di perdersi in un rapporto maturo e responsabile. Probabilmente non si sente all’altezza, si sente debole, si sente giudicato.

Il terreno è quello sessuale, luogo dell’intimità per eccellenza, dove non ci si può nascondere, luogo delicato perché ci mette a nudo. Luogo nel quale solo la tenerezza può salvare dalla paura di perdersi. I rapporti fugaci non hanno niente a che vedere con la relazione profonda, e quindi sono ricercati da chi ha paura di un rapporto troppo compromettente.La vostra coppia deve essere curata (nel senso di "prendersi cura") su più livelli. Probabilmente c’è bisogno di una terapia per lui, per uscire da questa dipendenza, che percome me la racconti assomiglia molto alle dipendenze dal gioco o da sostanze. Non sarebbe male integrare questa terapia personale con una di coppia, o un percorso comunque che vi aiuti a capire il senso della vostra relazione e ad esprimere in un contesto protetto il vostro grido di dolore. Ma soprattutto non potete esimervi da un percorso spirituale approfondito, perché a livelli così pesanti il perdono umano non basterà mai, e sarà necessario che possiate attingere alla fonte del perdono che solo Dio vi può dare.

Trovate quindi uno psicologo o un consulente che vi possa accompagnare e che abbia anche una visione spirituale della persona. Poi, all’interno della Chiesa ci sono gruppi e sacerdoti che propongono percorsi approfonditi sul perdono, partendo dalla Parola, integrandola con gli aspetti psicologici della persona e della coppia.

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E CHE ERA UNA RAGAZZA MODELLO

1/2/2011

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TRASFORMAZIONI PRE-ADOLESCENZIALI. ANCORA ALLE MEDIE MA SI ATTEGGIA DA ADOLESCENTE RIBELLE. CHE COSA CI VUOL DIRE?


"E pensi dottore che era una ragazza modello – dice concitato il papà – ottimi voti a scuola, a casa sempre disponibile, solare, sorridente. E adesso, nel giro di qualche mese, un disastro. E quando dico disastro non dico quello che voi chiamate “un leggero calo”; parlo del fatto che ci ha portato a casa dei 3 e dei 4!

Anzi, lei che prima ci diceva tutto... questa volta non lo sapevamo neppure... ci hanno chiamato gli insegnanti sconvolti. È stata una doccia fredda e da allora in casa è una guerra, anche tra me e mia moglie».

La signora è presente e ascolta in silenzio, evidentemente contrariata. Sono in allarme e non sanno che pesci pigliare dal punto di vista educativo: le uscite con le amiche, i divieti, proibirle gli sport, sequestro di computer e cellulare. Niente, non serve a niente! Ma che è successo?

«Secondo me sono le amicizie – incalza sempre lui –. È andata a cercarsi proprio le peggiori, sa quelle che si vesto- no di nero con la faccia tutta pallida, piene di braccialetti? Ma si rende conto? Noi siamo considerati una famiglia per bene e lei va in giro con figlie di certe famiglie...».

Mamma è indaffarata con due gemellini di un paio d’anni che non vogliono saperne di stare fermi, mentra papà mi racconta animosamente dei litigi in casa, delle sue prese di posizione, dei suoi tentativi di recuperare la figlia portandola con sé al lavoro.

C’è nella mamma un silenzio che mi insospettisce. Evi- dentemente è dovuto ad un assetto di coppia condiviso nel quale è lui quello forte che prende le decisioni. Ma non mi convince del tutto.
«Lei signora che figlia è stata?», le chiedo invitante. «Tutta
un’altra pasta – mi risponde frettolosamente –, io aiutavo, e ho dovuto occuparmi anche dei miei fratelli più piccoli».

Il mio silenzio evidentemente la interroga ancora prima delle parole. «La mia vita è sempre stata così – sbotta – prima a badare ai miei fratelli e adesso qui sempre alle prese con bambini. E lei, che dovrebbe aiutarmi... invece mi gira le spalle».

Dovrebbe? Certo la signora non si deve sentire a suo agio con la figlia ribelle, quando lei non ha mai potuto permetterselo.

È facile rimanere bloccati quando i figli presentano atteggiamenti che noi non ci siamo mai concessi. Una sor- ta di invidia, mista ad ammirazione, mista ad un senso di incapacità a fronteggiare la situazione.

Ma è lei che la figlia cerca, una madre che le sappia offrire un modello forte e realizzato di essere donna, non che si nasconde dietro i bambini da accudire. Visto che questa mamma non l’ha mai fatto, la figlia può offrirle un’ottima occasione di crescita.
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RICEVO SOLO DISPREZZO

10/1/2011

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SE CERCHI APPROVAZIONE METTI IL CAPO SOTTO LA GHIGLIOTTINA DEL GIUDIZIO DELL'ALTRO

Caro dott. Marco, il mio problema è questo: quando ho conosciuto mio marito era molto carino. Mi faceva complimenti per ogni cosa: per come mi vestivo come per i miei risultati sportivi. Poi gli anni passano, arrivano i figli, bisogna crescerli e la vita diventa sempre più dura. Pare che crescendo cali il carico familiare ma non è così. Diventano adolescenti, aumentano le discussioni, le preoccupazioni. E io sono sempre quella che sbaglia! La cena non è pronta, non va bene questo, non va bene quell’altro, non parlo nel modo giusto con i miei figli, li “diseduco”. Mio marito mi fa pesare ogni difetto. Non che sia cattivo, ma divento cattiva io e a volte esplodo. Mi prende l’angoscia ogni volta che torna a casa. Non so che fare, mi piacerebbe farmi una bella vacanza da sola, o separarmi. Le mie amiche non sposate mi paiono molto più serene... Non so che dire.

Clelia

Carissima Clelia, sei spaventata per quello che ti sta succedendo, i pensieri si accavallano e cerchi una via d’uscita, anche estrema.

Sei delusa da tuo marito e dalla tua relazione con lui. Perché? Semplice: perché ti eri illusa! Ogni illusione porta con sé il rischio – anzi la certezza – della delusione. È un’arma a doppio taglio, come cercare l’approvazione degli altri.

Costruire una relazione sul bisogno di approvazione dell’altro significa mettere il capo sotto la ghigliottina del suo giudizio. E così è successo. Quando eri stimata ti sentivi felice, ora che vengono sottolineati aspetti che non ti piacciono ti senti attaccata.

Guarda, qui non parliamo di tuo marito. Forse effettivamente è troppo brontolone, un po’ nevrotico, forse pure ingrato verso di te. Ma siccome sei stata tu a scrivere
ti do alcuni spunti che ti possono essere utili a prescindere da lui.

Allora, Clelia, prima di tutto chiediti perché in te c’è questo bisogno di approvazione. Che cosa devi dimostrare? A chi? Sei così anche nelle altre relazioni? Eri così anche con i tuoi genitori? Facevi sport per far vedere agli altri quanto valevi?

Quando noi riceviamo una critica anche fastidiosa – tipo “non sai cucinare” – abbiamo due possibilità.
O ci mettiamo ad analizzarla secondo il criterio vero/falso, e
quindi cerchiamo di dimostrare che non è vero, o – se è vero – ci demoralizziamo.

Oppure la interpretiamo come una proposta di relazione. Sicuramente poco carina ma è sempre una proposta. Watzlawick diceva che ogni comportamento è una forma di comunicazione.

E allora prova a capire che cosa vuol dire tuo marito. E capire che magari lui si può sentire trascurato, o non capito, o frustrato. E non necessariamente la colpa è tua, non sei solo tu che devi cambiare il tipo di relazione. E nemmeno solo lui.

Bisogna sempre essere in due per relazionarsi, in due per detestarsi, e in due per amarsi.

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A CENA CON I MIEI FRATELLI

10/1/2011

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MOLTI CHIEDONO UNA CONSULENZA, MA CERCANO UN GIUDICE

Gentile dottore, le confesso a volte non ne posso proprio più! Ho organizzato una cena con mia madre e i miei fratelli, tutti sposati, e mio marito mi ha riempito la testa con un sacco di discorsi inutili: «Ma che bisogno c’è? Che cosa vi dovete dire che io non posso sentire? Guarda che la tua famiglia adesso è questa...». È sempre stato un tipo possessivo ed ho dovuto spesso sopportare le sue inutili gelosie. Ma – cavoli – qui si tratta dei miei fratelli, non ho mica l’amante. È un po’ una rimpatriata, lo stare insieme tra noi con la mamma creando un clima di intimità che non si crea quando ci sono le famiglie e i figli di tutti. Che ci sarà di male?

Nella - Udine


Che ci sarà di male? Niente Nella. Sicuramente non c’è niente di male. E allora diciamo che tuo marito è esagerato e che tu hai ragione. Ok?

E adesso ti chiedo come ti senti. Sollevata? Finalmente qualcuno che ti dà ragione? Che ti capisce? O ancora più arrabbiata? Il vostro è lo stato d’animo di molte persone che credono di chiedere una consulenza e invece cercano un giudice. «Avrò ragione io o avrai ragione tu? Quando andiamo dal dottore vedrai cosa gli dico e come te le canta! »
 In realtà si cerca qualcuno che dia senso alla sofferenza del non capirsi.
 Che cosa significa che tuo marito è sempre stato possessivo? Che ti vuole tutta per sé? Quest’ultima definizione penso che possa piacerti di più, è molto roman- tica. In realtà stiamo parlando di insicurezza, probabilmente dovuta ad una storia molto antica che non ti riguarda, ma che adesso riemerge nell’assetto relazionale della vostra coppia.

Che fare allora?

Se questo fatto scatena dei sintomi come scenate incontrollate, notti insonni o rancori che durano più giorni vi invito ad intraprendere un percorso con uno specialista che vi potrà aiutare a dare un senso e a lenire le vostre sofferenze.

Se invece il problema ha un impatto più contenuto gli puoi chiedere di spiegarti cosa gli dà dispiacere, ma mossa da una curiosità sincera. Questo lo farà sentire capito, e a quel punto il problema sarà già metà risolto. Non attaccarlo per le sue debolezze, perché altrimenti potrebbe irrigidirsi maggiormente, ma spiegagli con calma il significato che per te ha ricongiungerti un po’ con la tua famiglia.

A proposito Nella, non è che per caso esci con la tua famiglia e ma- gari per lui non hai mai tempo? Non è che quando chiama lui sbuffi e quando chiamano i tuoi familiari sei raggiante? Perché se ho indovinato con queste due ultime domande... la strada da prendere la capisci anche da sola. E vedrai che non ci vorrà molto a mettere tutto a posto!
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    AUTORE

    Marco Scarmagnani
    giornalista e
    consulente familiare

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