LA VOLTA SCORSA ABBIAMO INIZIATO – SU SOLLECITAZIONE DI MARIELLA – A PARLARE DI EMOZIONI. LE EMOZIONI FONTE DI CONOSCENZA DI NOI, DEGLI ALTRI, DEL MONDO. MA COME UTILIZZARLE?
Ogni emozione è lecita, dicevamo. La rabbia e la paura, la tristezza e la gioia, la sorpresa e l’attesa, il disgusto e l’accettazione, tanto per riferirci a quelle considerate “primarie”. È quello che facciamo di conseguenza alle nostre emozioni casomai da tenere sotto controllo, perché su quello esercitiamo sempre la nostra facoltà di scelta. Se così non fosse saremmo esseri solamente in grado di “reagire” a degli stimoli emozionali, e non ad “agire” intenzionalmente e consapevolmente.
E questo è il primo concetto, esposto la volta scorsa. Sì, ma come facciamo a riconoscere le nostre emozioni e quelle degli altri senza farcene travolgere?
Una via maestra è quella di ridare la giusta dignità al nostro corpo e alle sensazioni che ci restituisce. Spesso infatti tendiamo a mentalizzare, a razionalizzare tutto, e a pensare che si possa agire rettamente solamente con la forza del pensiero. Il pensiero è una grande capacità che abbiamo, ma se tralasciamo il nostro corpo, si sentirà trascurato e ce lo farà capire.
Se ad esempio sento una forte rabbia verso il mio coniuge, o i miei figli, ma non reagisco solo perché «so che non è giusto», probabilmente – nella migliore delle ipotesi – un’ulcera è in agguato.
E allora ascoltiamolo questo corpo, ascoltiamo il nostro stomaco che si contrae, le nostre viscere che si muovono, il nostro respiro che cambia ritmo, la sudorazione della pelle, i muscoli del volto che si contraggono inconsapevolmente.Ci sono corsi di formazione professionale e di crescita personale che enfatizzano questi aspetti, ma penso che, senza essere degli esperti, abbiamo già a disposizione dentro di noi molti strumenti.
Impariamo allora ad ascoltarci, perché già prendere coscienza dei movimenti che le emozioni suscitano li rende più dolci.
E quando abbiamo acquisito questa abitudine, alleniamoci anche ad osservare il corpo degli altri, dei nostri cari. Notiamo quando nostro figlio comincia a deglutire più velocemente o a muovere le gambe, perché stiamo toccando un tema che lo agita, osserviamo nostra figlia che cambia il ritmo del respiro, e con questo anche la colorazione della pelle. Notiamo quando il nostro partner si ritrae e si accartoccia quasi ad evitare i nostri ragionamenti.
E allora potremo anche giocare a far sentire meglio gli altri, e li rassicureremo affinché il loro respiro diventi più regolare, abbasseremo la voce per vederli distendersi. Impariamo così ad agire per il bene, anche fisico, di chi ci sta accanto. E ci guadagneremo tutti in salute!
Ogni emozione è lecita, dicevamo. La rabbia e la paura, la tristezza e la gioia, la sorpresa e l’attesa, il disgusto e l’accettazione, tanto per riferirci a quelle considerate “primarie”. È quello che facciamo di conseguenza alle nostre emozioni casomai da tenere sotto controllo, perché su quello esercitiamo sempre la nostra facoltà di scelta. Se così non fosse saremmo esseri solamente in grado di “reagire” a degli stimoli emozionali, e non ad “agire” intenzionalmente e consapevolmente.
E questo è il primo concetto, esposto la volta scorsa. Sì, ma come facciamo a riconoscere le nostre emozioni e quelle degli altri senza farcene travolgere?
Una via maestra è quella di ridare la giusta dignità al nostro corpo e alle sensazioni che ci restituisce. Spesso infatti tendiamo a mentalizzare, a razionalizzare tutto, e a pensare che si possa agire rettamente solamente con la forza del pensiero. Il pensiero è una grande capacità che abbiamo, ma se tralasciamo il nostro corpo, si sentirà trascurato e ce lo farà capire.
Se ad esempio sento una forte rabbia verso il mio coniuge, o i miei figli, ma non reagisco solo perché «so che non è giusto», probabilmente – nella migliore delle ipotesi – un’ulcera è in agguato.
E allora ascoltiamolo questo corpo, ascoltiamo il nostro stomaco che si contrae, le nostre viscere che si muovono, il nostro respiro che cambia ritmo, la sudorazione della pelle, i muscoli del volto che si contraggono inconsapevolmente.Ci sono corsi di formazione professionale e di crescita personale che enfatizzano questi aspetti, ma penso che, senza essere degli esperti, abbiamo già a disposizione dentro di noi molti strumenti.
Impariamo allora ad ascoltarci, perché già prendere coscienza dei movimenti che le emozioni suscitano li rende più dolci.
E quando abbiamo acquisito questa abitudine, alleniamoci anche ad osservare il corpo degli altri, dei nostri cari. Notiamo quando nostro figlio comincia a deglutire più velocemente o a muovere le gambe, perché stiamo toccando un tema che lo agita, osserviamo nostra figlia che cambia il ritmo del respiro, e con questo anche la colorazione della pelle. Notiamo quando il nostro partner si ritrae e si accartoccia quasi ad evitare i nostri ragionamenti.
E allora potremo anche giocare a far sentire meglio gli altri, e li rassicureremo affinché il loro respiro diventi più regolare, abbasseremo la voce per vederli distendersi. Impariamo così ad agire per il bene, anche fisico, di chi ci sta accanto. E ci guadagneremo tutti in salute!