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DALLE STELLE ALLE STALLE

22/2/2011

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Ciao Marco, sono appena tornato da due giorni stupendi al deserto organizzato dalla mia parrocchia. Un’esperienza forte, di unione e di senso di appartenenza attraverso la preghiera. Abbiamo finito l’adorazione alle 22 e sono andato a casa da mia moglie. Non ho fatto in tempo a salire in casa che mi ha segato: «Devo ancora finire di riordinare. Ho ripassato con tuo figlio fino alle nove, con gli altri da mettere a letto. E tu dov’eri?». Non mi aveva nemmeno salutato, tanto meno abbracciato o solamente sorriso. Vabbè, faccio anche a meno di tutte queste romanticherie, ma lo sbalzo tra il paradiso in cui ero e l’inferno in cui mi sono trovato mi fa seriamente pensare...

(via mail)



Sento il tuo dolore e ti sono vicino. Sì, è esperienza comune, quando si cade dal Paradiso si rischia di sentire un maggior dolore. Si cade da più alto. Naturale! Quando si vola a rasoterra, senza tante pretese, vivacchiando, un’accoglienza del genere rientra nella norma: «La solita brontolona... vabbè mi piazzo davanti alla tivù e la lascio sfogare, chissà che le passi in fretta...»

Ma quando si è immersi in un clima “paradisiaco”, ci si aspetta un’incontro profondo, magari una condivisione delle cose belle che si sono vissute.

«Com’è andata caro? Che cosa avete meditato? Cosa ha detto il sacerdote? Hai pensato a qualcosa rispetto alla nostra vita?» Desiderio legittimo ma non scontato. Allora è facile scoraggiarsi, e a volte anche diventare cinici anche rispetto alla vita di fede: «Sì, col cavolo che vado ancora al deserto, la prossima volta vado a giocare a biliardo come fanno tutti i miei amici. Essere rimproverati quando si va al bar, ci sta, ma per un momento di preghiera... è troppo!».

Carissimo, dove splende la luce le ombre sono meglio visibili.

E' naturale che tu veda e soffra gli attriti che ci sono nella tua famiglia.  Sento molta delusione. Don Oreste ci ricordava sempre che la delusione è figlia dell'illusione.
E allora di che cosa ti eri illuso? Che pregando tutto si trasformasse magicamente? Che le tue emozioni si anestetizzassero? Che quello che avevi lasciato irrisolto si risolvesse? Che magari ci fosse una sanatoria rispetto alle disattenzioni e alle assenze degli ultimi mesi? Ahi ahi ahi...

Non è il mio campo, ma non mi risulta che la preghiera tolga le normali difficoltà della vita; mi risulta piuttosto che aiuti a vedere le difficoltà in un’altra ottica. L’ottica di chi sa che può contare sulla speranza, sulla vicinanza di Dio, sulla capacità di non spaventarsi e di non lasciarsi sopraffare dalla disperazione, di rilanciare sempre. Chi ti potrà impedire di amare di più? Di amare nonostante la delusione? Di amare per primo? Di cercare di accogliere prima che di essere accolto?
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    AUTORE

    Marco Scarmagnani
    giornalista e
    consulente familiare

    In questo blog trovate la rubrica mensile
    che scrivo su Sempre
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