Gent. dott. Marco, sono sposata da 10 anni e per me il matrimonio, fin dal primo giorno, è stato un calvario. Mio marito è perennemente infastidito, si alza di malumore, ogni mia parola potrebbe scatenare la sua ira: a volte mi sento come un’equilibrista, in bilico su una corda sottile sopra un baratro; altre volte mi sento imprigionata in una strada senza uscita. Nonostante questo non ci siamo ancora lasciati, anzi, abbiamo provato ad andare da psicologi, terapisti familiari, preti che però non sono riusciti ad aiutarci. Io rimango convinta che mio marito necessiti di psicoterapia, ma lui non vuole. Vorrei che cambiasse l’atmosfera soffocante che ci impedisce di godere della reciproca compagnia e affetto. Cosa mi consiglia?
Clelia - Treviso
Cara Clelia, quanta sofferenza nelle tue parole! "Un calvario, un baratro, una strada senza uscita". E quanta delusione per i tentativi falliti di dare una svolta alla vostra relazione. E quanta pazienza! Pazienza deriva da patior, che è la capacità di soffrire, ma ha anche la stessa radice di pathos, che è la capacità di sentire la gioia e il dolore che l’incontro con l’altro procurano. «Ma quale gioia? - dirai tu - qua sembra tutto un incubo». Hai ragione, tutti meritiamo rapporti sereni e amorevoli. Ciò che faccio fatica a comprendere, Clelia, e su questo vorrei eventualmente orientarti, è come tuo marito vive la tua riflessione. La condivide? La subisce? La pensa in maniera differente? Il fatto che non si capisca – ma è solo un’ipotesi – mi mette il dubbio che siate molto lontani nella "ricerca di senso" a dare alla vostra unione. Cioè, prima di intraprendere qualsiasi cammino, è necessaria una fase molto delicata di condivisione del problema e di definizione degli obiettivi di crescita personali e di coppia.
E se leggo che tuo marito ti ha seguito nei vari percorsi (molti mariti sono “trascinati” dalle mogli, è comune) quel tuo vederlo bene in psicoterapia è un qualcosa che mi sa da invio esterno, e ci credo che lui si ribelli. Ognuno vuole essere artefice del proprio cammino di crescita; è difficile da accettare Clelia, ma è così. Ma sei tu che scrivi e allora la domanda è: che cosa puoi fare tu? Chiediti: perché sono ancora così condizionata dal suo umore? Perché questa forma di dipendenza reciproca? Probabilmente avete creato un cortocircuito per cui tu ti aspetti qualcosa di buono, lui si sente pressato, non ci riesce, e allora si comporta sempre peggio. Pensa un po’ più a te stessa Clelia, dedicati tempo per trovare il tuo equilibrio e la tua pace, liberati da questa simbiosi. Solo così potrai amarlo veramente. E se, come fai intendere dalla lettera, lui ha meno strumenti di te, sarà questo passaggio ad aiutarlo a prendere coscienza di sé ed eventualmente a suggerirgli un percorso personale. Coraggio! La svolta può essere dietro l’angolo.
E se leggo che tuo marito ti ha seguito nei vari percorsi (molti mariti sono “trascinati” dalle mogli, è comune) quel tuo vederlo bene in psicoterapia è un qualcosa che mi sa da invio esterno, e ci credo che lui si ribelli. Ognuno vuole essere artefice del proprio cammino di crescita; è difficile da accettare Clelia, ma è così. Ma sei tu che scrivi e allora la domanda è: che cosa puoi fare tu? Chiediti: perché sono ancora così condizionata dal suo umore? Perché questa forma di dipendenza reciproca? Probabilmente avete creato un cortocircuito per cui tu ti aspetti qualcosa di buono, lui si sente pressato, non ci riesce, e allora si comporta sempre peggio. Pensa un po’ più a te stessa Clelia, dedicati tempo per trovare il tuo equilibrio e la tua pace, liberati da questa simbiosi. Solo così potrai amarlo veramente. E se, come fai intendere dalla lettera, lui ha meno strumenti di te, sarà questo passaggio ad aiutarlo a prendere coscienza di sé ed eventualmente a suggerirgli un percorso personale. Coraggio! La svolta può essere dietro l’angolo.