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E CHE ERA UNA RAGAZZA MODELLO

1/2/2011

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TRASFORMAZIONI PRE-ADOLESCENZIALI. ANCORA ALLE MEDIE MA SI ATTEGGIA DA ADOLESCENTE RIBELLE. CHE COSA CI VUOL DIRE?


"E pensi dottore che era una ragazza modello – dice concitato il papà – ottimi voti a scuola, a casa sempre disponibile, solare, sorridente. E adesso, nel giro di qualche mese, un disastro. E quando dico disastro non dico quello che voi chiamate “un leggero calo”; parlo del fatto che ci ha portato a casa dei 3 e dei 4!

Anzi, lei che prima ci diceva tutto... questa volta non lo sapevamo neppure... ci hanno chiamato gli insegnanti sconvolti. È stata una doccia fredda e da allora in casa è una guerra, anche tra me e mia moglie».

La signora è presente e ascolta in silenzio, evidentemente contrariata. Sono in allarme e non sanno che pesci pigliare dal punto di vista educativo: le uscite con le amiche, i divieti, proibirle gli sport, sequestro di computer e cellulare. Niente, non serve a niente! Ma che è successo?

«Secondo me sono le amicizie – incalza sempre lui –. È andata a cercarsi proprio le peggiori, sa quelle che si vesto- no di nero con la faccia tutta pallida, piene di braccialetti? Ma si rende conto? Noi siamo considerati una famiglia per bene e lei va in giro con figlie di certe famiglie...».

Mamma è indaffarata con due gemellini di un paio d’anni che non vogliono saperne di stare fermi, mentra papà mi racconta animosamente dei litigi in casa, delle sue prese di posizione, dei suoi tentativi di recuperare la figlia portandola con sé al lavoro.

C’è nella mamma un silenzio che mi insospettisce. Evi- dentemente è dovuto ad un assetto di coppia condiviso nel quale è lui quello forte che prende le decisioni. Ma non mi convince del tutto.
«Lei signora che figlia è stata?», le chiedo invitante. «Tutta
un’altra pasta – mi risponde frettolosamente –, io aiutavo, e ho dovuto occuparmi anche dei miei fratelli più piccoli».

Il mio silenzio evidentemente la interroga ancora prima delle parole. «La mia vita è sempre stata così – sbotta – prima a badare ai miei fratelli e adesso qui sempre alle prese con bambini. E lei, che dovrebbe aiutarmi... invece mi gira le spalle».

Dovrebbe? Certo la signora non si deve sentire a suo agio con la figlia ribelle, quando lei non ha mai potuto permetterselo.

È facile rimanere bloccati quando i figli presentano atteggiamenti che noi non ci siamo mai concessi. Una sor- ta di invidia, mista ad ammirazione, mista ad un senso di incapacità a fronteggiare la situazione.

Ma è lei che la figlia cerca, una madre che le sappia offrire un modello forte e realizzato di essere donna, non che si nasconde dietro i bambini da accudire. Visto che questa mamma non l’ha mai fatto, la figlia può offrirle un’ottima occasione di crescita.
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UNA MAMMA INADEGUATA

10/1/2011

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NON È FACILE FARE I GENITORI QUANDO SI È MESSI IN DISCUSSIONE DAI FIGLI. EPPURE È IL MOMENTO NEL QUALE HANNO BISOGNO DEGLI ADULTI E DELLA LORO FORZA D’ANIMO


Si sa, i figli spesso si lamentano dei genitori. Fa parte del gioco: a volte mamma e papà sono i più bravi del mondo, altre volte sono i peggiori. Nell’adolescenza – in particolare – la critica dei modelli familiari, serve ai ragazzi per trovare lo slancio necessario e staccar- si, per riuscire a progettare una vita pro- pria. È un passaggio doloroso ma sano.

Anita invece ci scrive di una figlia di 7 anni che «Mi dice che non l’ascolto mai. È sempre imbronciata, anche davanti agli altri, in pubblico, e questo mi fa imbestialire. Vedo le altre bambine con le loro mamme che sono carine, passeggiano mano nella mano, discutono. La mia sempre a farmi fare figuracce! »

E stai proprio male. Tua figlia che ti sbatte in faccia le tue vere o presunte mancanze è una pugnalata. E ti dici: se adesso è così figuriamoci tra qualche anno!
 «Mi sono convinta di non essere tagliata per fare la madre».

Ma come Anita? Tua figlia ti chiede aiuto e tu ti ritiri?
 Senti, questo è un momento nel quale tua figlia ha particolarmente bisogno di te, e tu sei per lei preziosa ed indispensabile. Perché? Perché altrimenti non ti manife- sterebbe così il suo disagio.

Un disagio c’è, è vero, ma non devi sentirti inadeguata, in colpa, perché il senso di colpa blocca le energie vitali e non ti permette di sintonizzarti su tua figlia.

La guerra di Mario (Antonio Capuano, 2005) parla di un ragazzino difficile, con un passato di violenze, che proviene da una zona degradata alla periferia di Napoli. Viene affidato ad una coppia benestante. La mamma (Valeria Golino) è convinta che “Mario non vuole essere educato, ma accolto” e così il film si gioca in una contrapposizione tra la necessità di educare e quella di lasciare libero. Ma chi l’ha detto che le regole in educazione siano solo una gabbia che limita la libertà? Educare significa anche contenere, condurre, indirizzare al bene. L’assenza di limiti, anche nel film, è un fallimento educativo.

Prova, invece che inadeguata, a sentirti responsabile di tua figlia e del suo malessere.
Responsabile significa “abile a rispondere”.

Solo alcuni spunti per farti riflettere. Il primo: coinvolgi tuo marito. Perché non me ne parli? Potrebbe essere molto salutare la relazione con lui. Metti un po’ di maschile all’interno di quella relazione tutta al femminile con tua fi- glia. Fai spazio alla sua forza, a volte al suo essere un po- chino selvatico, per alleggerire probabilmente un eccessodi fusione. Fallo essere presente come tuo sposo, così tua figlia ti ammirerà.

Secondo: chiediti che figlia sei stata tu. Eri ribelle come lei? Allora procede tutto secondo copione. Eri l’esatto contrario, cioè sempre remissiva? Allora forse c’è un po’ di invidia e di fastidio per quello che fa tua figlia, perché tu non hai mai potuto permettertelo. Chiedi a tua madre – se c’è ancora – e ti sarà di aiuto per conoscere la tua storia.

Terzo ed ultimo: chiediti perché quando ricevi una lamentela la tua autostima vacilla. Tua figlia non ti ha detto che tu sei incapace di ascoltare, ma che non si sente capita. C’è una bella differenza!
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FRATELLI DIVERSI

10/1/2011

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AVERE FIGLI ADOLESCENTI ED ACCOGLIERNE DI COETANEI IN AFFIDAMENTO PUÒ METTERE IN SUBBUGLIO ANCHE LA FAMIGLIA PIÙ NAVIGATA. COME MUOVERSI TRA RIGIDITÀ E TOLLERANZA?



Già negoziare le regole con i nostri figli adolescenti è impresa ardua, che a volte coinvolge la famiglia in una lotta senza quartiere che vede l’un contro l’altro armati: marito e moglie, suoceri e consuoceri, i figli e pure i loro amici; sì perché i ragazzi sono bravi a giocare a: «Ma perché i suoi genitori lo lasciano e voi non mi lasciate?» e con il «Chiedilo a tuo padre» o «Chiedilo a tua madre».

La faccenda si complica non poco quando ci riferiamo a famiglie allargate, a quelli che scelgono di aprire la propria casa per accogliere in affidamento altri ragazzi.

Che fare quando – e capita sempre più spesso – viene chiesto ad una famiglia di accogliere un 15enne?

Succede per esempio ad Anna che scrive, tra le altre cose, che «non sappiamo più come fare, io e mio marito. Proprio adesso che sembrava avessimo preso le misure con i nostri figli (abbiamo una femmina di 17 anni e un maschio di 13, si immagini!) abbiamo scelto di prendere in affidamento temporaneo un ragazzo di 15 anni. Lui si lamenta perché non gli lasciamo fare cose che lasciamo fare ai nostri. I nostri si lamentano perché a volte si sentono limitati da lui... un caos».

Puoi scegliere tra due strategie. Nella prima usi una livella: “La legge qui è uguale per tutti!”. Non ci sono più età, sesso, essere figli naturali o accolti, gusti personali... tutti uguali, così ognuno si adatta e nessuno è scontento.

È uno stile – diciamo bonariamente – da “caserma”, che ha il vantaggio di essere molto funzionale e facile da argo- mentare: questa è casa nostra, noi abbiamo scelto così, chi ci sta ci sta, agli altri... arrivederci. A meno di una insur- rezione dal basso, dovrebbe funzionare. Se invece – cara Anna – vuoi cimentarti in qualche cosa di più pedagogico, devi essere in grado con tuo marito di negoziare quoti- dianamente le regole con ognuno. Un trattamento per- sonalizzato sicuramente più impegnativo ma anche piusoddisfacente. Imparerete a vivere così la vostra “funzio- ne” genitoriale. Sapete qual è la differenza tra un “ruolo” e una “funzione”? Il ruolo è una attitudine che rimane fissa, immutata: «Ho detto così e resta così!» La funzione invece è l’esercizio della propria genitorialità che si sintonizza con le attitudini e le fasi della vita del figlio, orientandolo in maniera fluida. E così ciò che è giusto per l’uno potrebbe essere prematuro o inopportuno per l’altro. È più laboriosa – è vero – perché richiede la pazienza di spiegare (e di sostenere) ogni presa di posizione, ma aiuterà tutti i tuoi ragazzi ad assimilare le regole e a diventare tuoi collaboratori, e soprattutto ad essere considerati in maniera personale, come il pastore che conosce le pecore ad una ad una. Siete forti, senz’altro ce la farete!
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VOGLIA DI TRASGREDIRE

10/1/2011

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L’ADOLESCENZA È L’ETÀ DELLA TRASGRESSIONE PER ECCELLENZA. SE NON SI TRASGREDISCE DA GIOVANI – DICONO ALCUNI – CI SI RIFÀ PIÙ AVANTI. MA QUAL È IL VERO SIGNIFICATO DELLA TRASGRESSIONE?


L’appuntamento è per le 20.45, nei locali della parrocchia. Non si può certo dire un luogo trasgressivo, ma
il titolo è accattivante: “Eccesso e trasgressione, qual è il nostro bisogno?”. Droga e/o canne, sesso, alcool, fumo, piercing, tatuaggi, orari serali assurdi, lo sballo... queste le trasgressioni dal primo brain-storming, con qualche distinguo: «Il fumo non è trasgressione, il sesso a volte sì e a volte no», ecc. Ma perché la trasgressione? «Per provare nuove esperienze – dicono – per scoprire i nostri limiti, perché ci attira “il proibito”, per evadere dalla noia e dalla routine, per scommessa».

È certo che l’adolescenza è l’età della trasgressione per eccellenza. È un desiderio di mettere alla prova i propri limiti e soprattutto dichiarare la propria indipendenza. È inoltre opposizione alle regole precostituite: il “sistema” da abbattere, sfidare la legge e la morale. Ma c’è un altro approccio: le regole di questo mondo non sono necessariamente e sempre “il massimo bene”. Don Oreste Benzi, nel suo libro “Trasgredite” (Mondadori, 2000) inserisce questa simpatica storiella: «L’inferno era al completo ormai, e fuori dalla porta una lunga fila di persone attendeva di entrare. Il diavolo fu costretto a bloccare tutti i nuovi aspiranti. “È rimasto un solo posto libero, e logicamente deve toccare al più grosso dei peccatori – proclamò – c’è almeno qualche pluriomicida tra voi?”.

Per trovare il peggiore di tutti, il diavolo cominciò ad esaminare i peccatori in coda.
“Che cosa hai fatto tu?” chiese ad uno.
“Niente. Io sono un uomo buono e sono qui solo per un equivoco”.
“Hai fatto certamente qualcosa”, ghignò il diavolo “tutti fanno qualcosa”.
“Ah, lo so bene – disse l’uomo, convinto – ma io mi sono sempre tenuto alla larga. Ho visto come gli uomini perseguitavano altri uomini, ma non ho partecipato a quella folle caccia. Come lasciano morire di fame i bambini e li vendono come schiavi; come hanno emarginato i deboli come spazzatura. Non fanno che escogitare perfidie e imbrogli. Io solo ho resistito alla tentazione e non ho fatto niente. Mai.”
“Assolutamente niente? – chiese il diavolo incredulo – Sei sicuro di aver visto tutto?”
“Con i miei occhi”. “E non hai fatto niente?” ripeté il diavolo. “No!”
Il diavolo ridacchiò: “Entra, amico mio. Il posto è tuo!”»

Il coraggio di non starsene a guardare ma lottare per un mondo migliore. Questa è una bella trasgressione verso la quale incanalare i giovani che vogliono fare qualcosa di veramente “alternativo”.
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    AUTORE

    Marco Scarmagnani
    giornalista e
    consulente familiare

    In questo blog trovate la rubrica mensile
    che scrivo su Sempre
    e articoli scritti
    per altre riviste.
     


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