PER ALCUNI GIOVANI GUADAGNARSI QUALCHE EURO È UNA PARENTESI ESTIVA, PER ALTRI INVECE SI TRATTA GIÀ DI UN’ATTIVITÀ STABILE. A VOLTE PERÒ I RAGAZZI INCAPPANO IN BRUTTE ESPERIENZE
Inostri ragazzi sull’orlo della maggiore età ritornano sui banchi dopo un’estate durante la quale alcuni per la prima volta si sono confrontati con il lavoro.
Lavorare, per un giovane, significa prima di tutto guadagnarsi qualche centinaio di Euro per dimostrare a se stesso e agli altri di essere in grado di cavarsela da solo, significa avere la possibilità di pagarsi alcuni sfizi tipici dell’età: lo scooter, un cellulare nuovo, un paio di pantaloni ai quali si tiene molto, la prima vacanza con gli amici.
Ma accanto a questi giovani ci sono anche quelli per i quali il lavoro non è una parentesi estiva. Sono i ragazzi che hanno lasciato la scuola e che si sono messi ancora minorenni nel mercato del lavoro.
È vero che si sentono più grandi dei coetanei, ma per loro la vita può essere molto dura, e le esperienze non sempre positive.
Maria ci racconta di suo figlio diciannovenne che «dopo aver lavorato per due anni in una ditta di idraulica, da un giorno all’altro si è licenziato, e adesso sono sei mesi che bighellona per casa e non ha intenzione di trovarsi un altro lavoro. Ha detto che era un sacco di tempo che lo trattavano male, che aveva provato a dircelo ma noi non l’abbiamo capito. Io e suo padre a volte ci arrabbiamo, altre volte cerchiamo di parlargli, altre lo incoraggiamo a cercare lavoro, ma lui si è chiuso in un muro di silenzio. Adesso non sappiamo più cosa fare». Sono molti i genitori che si trovano ad affrontare problemi come il vostro, e la questione è molto delicata. Non riuscire nel lavoro può creare delle ferite significative all’autostima e – come avete già potuto notare – ci sono ripercussioni sul piano familiare e sociale.
I giovani si chiudono, spesso anche con i propri amici, e cominciano a fare una vita disordinata: dormono o stanno davanti alla tv tutto il giorno, escono la sera tardi e rientrano a mattina, rispondono sempre in modo scon- troso.
La vostra posizione di genitori è molto delicata.
Non scoraggiatevi nel cercare di gettare ponti, magari facendovi aiutare da una persona che smussi un po’ la contrapposizione: un professionista, ma anche un sacerdote o un parente del quale vi fidate. Se ci
sono altri fratelli coinvolgeteli, raccomandando loro di non fare i saputelli ma di incontrarsi perché tutti possano esprimere le proprie emozioni: la vostra preoccupazione, la tristezza di vostro figlio, i sentimenti altalenanti dei fratelli. In una famiglia, quando ci sono difficoltà, l’unione fa la forza.
Giovani vittime della scarsa esperienza
Nel 2005 solo un ragazzo su quattro di età compresa tra i 15 e i 24 anni risultava occupato. Si tratta di ragazzi che sono ancora nell’età dello studio, anche se oltre i limiti dell’obbligo.
Il tasso di disoccupazione gio- vanile ha raggiunto tassi del 24% con punte del 38% al sud. Situazione ancora più grave tra le giovani donne del mezzogiorno, dove il livello di non occupazione è pari al 44%.
C’è poi un altro problema: la difficoltà a trovare forme di occupazione consone con il livello di studi, legata spesso alla necessità di emigrare dai propri territori di origine. (fonte: Redattore Sociale)
Lavorare, per un giovane, significa prima di tutto guadagnarsi qualche centinaio di Euro per dimostrare a se stesso e agli altri di essere in grado di cavarsela da solo, significa avere la possibilità di pagarsi alcuni sfizi tipici dell’età: lo scooter, un cellulare nuovo, un paio di pantaloni ai quali si tiene molto, la prima vacanza con gli amici.
Ma accanto a questi giovani ci sono anche quelli per i quali il lavoro non è una parentesi estiva. Sono i ragazzi che hanno lasciato la scuola e che si sono messi ancora minorenni nel mercato del lavoro.
È vero che si sentono più grandi dei coetanei, ma per loro la vita può essere molto dura, e le esperienze non sempre positive.
Maria ci racconta di suo figlio diciannovenne che «dopo aver lavorato per due anni in una ditta di idraulica, da un giorno all’altro si è licenziato, e adesso sono sei mesi che bighellona per casa e non ha intenzione di trovarsi un altro lavoro. Ha detto che era un sacco di tempo che lo trattavano male, che aveva provato a dircelo ma noi non l’abbiamo capito. Io e suo padre a volte ci arrabbiamo, altre volte cerchiamo di parlargli, altre lo incoraggiamo a cercare lavoro, ma lui si è chiuso in un muro di silenzio. Adesso non sappiamo più cosa fare». Sono molti i genitori che si trovano ad affrontare problemi come il vostro, e la questione è molto delicata. Non riuscire nel lavoro può creare delle ferite significative all’autostima e – come avete già potuto notare – ci sono ripercussioni sul piano familiare e sociale.
I giovani si chiudono, spesso anche con i propri amici, e cominciano a fare una vita disordinata: dormono o stanno davanti alla tv tutto il giorno, escono la sera tardi e rientrano a mattina, rispondono sempre in modo scon- troso.
La vostra posizione di genitori è molto delicata.
Non scoraggiatevi nel cercare di gettare ponti, magari facendovi aiutare da una persona che smussi un po’ la contrapposizione: un professionista, ma anche un sacerdote o un parente del quale vi fidate. Se ci
sono altri fratelli coinvolgeteli, raccomandando loro di non fare i saputelli ma di incontrarsi perché tutti possano esprimere le proprie emozioni: la vostra preoccupazione, la tristezza di vostro figlio, i sentimenti altalenanti dei fratelli. In una famiglia, quando ci sono difficoltà, l’unione fa la forza.
Giovani vittime della scarsa esperienza
Nel 2005 solo un ragazzo su quattro di età compresa tra i 15 e i 24 anni risultava occupato. Si tratta di ragazzi che sono ancora nell’età dello studio, anche se oltre i limiti dell’obbligo.
Il tasso di disoccupazione gio- vanile ha raggiunto tassi del 24% con punte del 38% al sud. Situazione ancora più grave tra le giovani donne del mezzogiorno, dove il livello di non occupazione è pari al 44%.
C’è poi un altro problema: la difficoltà a trovare forme di occupazione consone con il livello di studi, legata spesso alla necessità di emigrare dai propri territori di origine. (fonte: Redattore Sociale)