SCEGLIERE È LIBERTÀ, MA SCEGLIERE NELL’INDECISIONE È ANGOSCIA. COME FARE CON UN GIOVANE CHE SI DISPERDE RISPETTO AL SUO PROGETTO DI VITA?
"Ma porc... gli mancano 5 esami e adesso vuole mollare tutto. Gli abbiamo dato un anno nel quale non ha fatto un tubo. Pensavamo un periodo di crisi, ma adessso, dopo che l’abbiamo mantenuto per una vita a studiare, vuole cercarsi un lavoro. Di questi tempi poi, chi vuole che lo prenda. Magari a fare il muratore».
«... E che ci sarebbe di male?» provoco un po’.
«Beh, guardi, non sarebbe nemmeno quello il problema, se poi lui fosse felice. Ma un giorno vuole fare l’in- gegnere, adesso voleva fare l’avvocato, ma poi si chiede se non è meglio fare teatro ed “esprimere il suo talento”, non so quanta confusione c’ha in testa quello lì».
Quanti giovani universitari, speranza di mamma e papà, fanno a gara per deludere le aspettative e proiettarsi in un buco di depressione, oppure saltare di entusiasmo in entusiasmo, con una rapidità che si trasforma in effimero, perché il cambiamento è troppo rapido per lasciare traccia. E allora ansia e panico... il timore di disperdersi.
Figli dell’occidente. Figli della cultura dove fagocitiamo tutto e non siamo sazi: cibo, oggetti, progetti.
Hanno ragione gli antropologi, quando ci spiegano che in una società primitiva, senza alcuna possibilità di scelta, la percezione è di avere tutto, di non mancare di nulla.
Oggi noi abbiamo molte più cose, ma allo stesso tempo sono infinite quelle che non abbiamo. Quindi, al confronto, non abbiamo nulla. Per quante cose possediamo, sentiamo che di più ce ne mancano. Per quanti titoli abbiamo, sentiamo che non sono mai abbastanza per rassicurarci.E allora scegliere, da attività liberatoria, diventa angosciante. Perché scegliere, decidere, ed esprimere se stessi nella libertà, scivola velocemente nella scelta che diventa perdita, perdersi.
Le crisi spesso arrivano a pochi passi da un traguardo. Perché mentre si vede la meta sale nello stomaco una domanda: «... e poi?».
I genitori si trovano disarmati o perché non l’hanno dovuta affrontare, e quindi non capiscono questo figlio che “ha tutto ma non è contento di nulla”; oppure perché, in fondo, l’hanno dovuta affrontare ma non l’hanno digerita.
E così questo turbamento di stomaco riattiva quello di un genitore, o di entrambi, che vogliono far tacere l’inde- cisione del figlio per far tacere la loro.
Attraversare insieme la palude nebbiosa.
Questo è il viaggio da fare, facendo certo attenzione alle insidie che stanno sotto i piedi, ma soprattutto alzando spesso lo sguardo per tenere fissa la direzione.
Che ne dite di una semplice discussione tipo: «Quali sono le cose per cui viviamo? Quali sono i nostri valori?»
"Ma porc... gli mancano 5 esami e adesso vuole mollare tutto. Gli abbiamo dato un anno nel quale non ha fatto un tubo. Pensavamo un periodo di crisi, ma adessso, dopo che l’abbiamo mantenuto per una vita a studiare, vuole cercarsi un lavoro. Di questi tempi poi, chi vuole che lo prenda. Magari a fare il muratore».
«... E che ci sarebbe di male?» provoco un po’.
«Beh, guardi, non sarebbe nemmeno quello il problema, se poi lui fosse felice. Ma un giorno vuole fare l’in- gegnere, adesso voleva fare l’avvocato, ma poi si chiede se non è meglio fare teatro ed “esprimere il suo talento”, non so quanta confusione c’ha in testa quello lì».
Quanti giovani universitari, speranza di mamma e papà, fanno a gara per deludere le aspettative e proiettarsi in un buco di depressione, oppure saltare di entusiasmo in entusiasmo, con una rapidità che si trasforma in effimero, perché il cambiamento è troppo rapido per lasciare traccia. E allora ansia e panico... il timore di disperdersi.
Figli dell’occidente. Figli della cultura dove fagocitiamo tutto e non siamo sazi: cibo, oggetti, progetti.
Hanno ragione gli antropologi, quando ci spiegano che in una società primitiva, senza alcuna possibilità di scelta, la percezione è di avere tutto, di non mancare di nulla.
Oggi noi abbiamo molte più cose, ma allo stesso tempo sono infinite quelle che non abbiamo. Quindi, al confronto, non abbiamo nulla. Per quante cose possediamo, sentiamo che di più ce ne mancano. Per quanti titoli abbiamo, sentiamo che non sono mai abbastanza per rassicurarci.E allora scegliere, da attività liberatoria, diventa angosciante. Perché scegliere, decidere, ed esprimere se stessi nella libertà, scivola velocemente nella scelta che diventa perdita, perdersi.
Le crisi spesso arrivano a pochi passi da un traguardo. Perché mentre si vede la meta sale nello stomaco una domanda: «... e poi?».
I genitori si trovano disarmati o perché non l’hanno dovuta affrontare, e quindi non capiscono questo figlio che “ha tutto ma non è contento di nulla”; oppure perché, in fondo, l’hanno dovuta affrontare ma non l’hanno digerita.
E così questo turbamento di stomaco riattiva quello di un genitore, o di entrambi, che vogliono far tacere l’inde- cisione del figlio per far tacere la loro.
Attraversare insieme la palude nebbiosa.
Questo è il viaggio da fare, facendo certo attenzione alle insidie che stanno sotto i piedi, ma soprattutto alzando spesso lo sguardo per tenere fissa la direzione.
Che ne dite di una semplice discussione tipo: «Quali sono le cose per cui viviamo? Quali sono i nostri valori?»