COME FA UN GIOVANE AD AVERE PASSIONE DEL LAVORO SE NON HA MAI VISTO SUO PADRE LAVORARE? EFFETTI COLLATERALI DI QUESTA NUOVA FORMA DI ALIENAZIONE
«Che fa tuo padre?». «L’impiegato». E che significa? Mah.
Ecco la difficoltà di prefigurarsi la concretezza di un lavoro futuro e la caduta in una sorta di apatia.
Non necessariamente un figlio intraprenderà la professione del padre, ma intanto interiorizza ciò che significa per un uomo lavorare.
Ma bisogna vedere, sentire i suoni, l’odore.
Mio padre faceva l’infermiere, e ricordo ancora – facevo le elementari – quando mi portava fuori del suo orario in ospedale. Ricordo come si muoveva agevolmente per quei lunghi corridoi, ricordo i saluti dei suoi colleghi e le presentazioni, le sbirciatine alle attrezzature, l’odore di disinfettante. E così, mentre ero a scuola, potevo immaginarmelo al suo lavoro, e pensare che impegnandomi anch’io un giorno ne avrei avuto uno. Ognuno pensi come donare a suo figlio questa esperienza.
"Mio figlio fa la quarta superiore ma quest’anno penso proprio che non ce la farà – esordisce la mamma – non che gli altri anni fosse una cima, ma quest’anno è proprio un disastro».
«E che fa, signora, al posto di studiare? Nulla, è di un’apatia... che mi dà sui nervi. Pochi amici, niente sport, qualche giochetto al computer. Non c’è niente che lo appassiona». «Suo marito che lavoro fa?». «Fa l’impiegato in una
azienda ad una trentina di chilometri da casa». «È mai stato suo figlio a vedere papà al lavoro? «No!». Come mai? Ve l’hanno proibito?».
«Ma no! – risponde sorpresa – Cosa vuole che ci sia da vedere? Uffici, carte, sedie...»
E così è scontato che la maggior parte degli adolescenti è completamente estranea al lavoro del padre, “alienata” per usare un termine caro al primo Marx.
Padri che partono la mattina, tornano la sera, magari sono pure bravi e interessati ai figli.
Un tempo molte professioni permettevano che i figli vedessero i padri al lavoro. In primis le professioni legate alla terra. «Papà coltiva i campi, alleva animali, io lo posso sentire la mattina quando si alza presto, lo vedo quando sto partendo per andare a scuola, lo rivedo durante la giornata quando entra in casa per ristorarsi e, quando ne ho voglia, so dove posso andarlo a trovare». Stessa cosa per gli artigiani, per i negozianti.
Uno dei principali effetti collaterali della rivoluzione industriale è stata quella di strappare i padri ai figli. «Vedo papà partire, non so dove va, e poi ritorna sfinito».
«E che fa, signora, al posto di studiare? Nulla, è di un’apatia... che mi dà sui nervi. Pochi amici, niente sport, qualche giochetto al computer. Non c’è niente che lo appassiona». «Suo marito che lavoro fa?». «Fa l’impiegato in una
azienda ad una trentina di chilometri da casa». «È mai stato suo figlio a vedere papà al lavoro? «No!». Come mai? Ve l’hanno proibito?».
«Ma no! – risponde sorpresa – Cosa vuole che ci sia da vedere? Uffici, carte, sedie...»
E così è scontato che la maggior parte degli adolescenti è completamente estranea al lavoro del padre, “alienata” per usare un termine caro al primo Marx.
Padri che partono la mattina, tornano la sera, magari sono pure bravi e interessati ai figli.
Un tempo molte professioni permettevano che i figli vedessero i padri al lavoro. In primis le professioni legate alla terra. «Papà coltiva i campi, alleva animali, io lo posso sentire la mattina quando si alza presto, lo vedo quando sto partendo per andare a scuola, lo rivedo durante la giornata quando entra in casa per ristorarsi e, quando ne ho voglia, so dove posso andarlo a trovare». Stessa cosa per gli artigiani, per i negozianti.
Uno dei principali effetti collaterali della rivoluzione industriale è stata quella di strappare i padri ai figli. «Vedo papà partire, non so dove va, e poi ritorna sfinito».
Oggi, che viviamo in un epoca post industriale, sotto certi aspetti la difficoltà è ancora maggiore. Se infatti uno può immaginare che cosa va a fare il padre operaio (racconta infatti della fabbrica, del tornio, dei suoi colleghi, del capo e delle macchine) molto più astratto è il lavoro dei cosiddetti “colletti bianchi”.
«Che fa tuo padre?». «L’impiegato». E che significa? Mah.
Ecco la difficoltà di prefigurarsi la concretezza di un lavoro futuro e la caduta in una sorta di apatia.
Non necessariamente un figlio intraprenderà la professione del padre, ma intanto interiorizza ciò che significa per un uomo lavorare.
Ma bisogna vedere, sentire i suoni, l’odore.
Mio padre faceva l’infermiere, e ricordo ancora – facevo le elementari – quando mi portava fuori del suo orario in ospedale. Ricordo come si muoveva agevolmente per quei lunghi corridoi, ricordo i saluti dei suoi colleghi e le presentazioni, le sbirciatine alle attrezzature, l’odore di disinfettante. E così, mentre ero a scuola, potevo immaginarmelo al suo lavoro, e pensare che impegnandomi anch’io un giorno ne avrei avuto uno. Ognuno pensi come donare a suo figlio questa esperienza.