NON RIESCE AD ADDORMENTARSI, O SI SVEGLIA IN CONTINUAZIONE. CHE COSA DISTURBA IL SONNO AD UN BAMBINO DI NOVE MESI CHE AVEVA SEMPRE DORMITO? TRE IPOTESI E ALCUNI SPUNTI PER DORMIRE MEGLIO
Come i segnali di fumo degli indiani d’America: li vedo, non ne capisco il significato ma so che qualcuno sta mandando un messaggio. Siamo di fronte ai bambini che non possono ancora par- lare e comunicano piangendo, ridendo, cercando lo sguardo, e... non dormendo di notte. «Verso l’ottavo/nono mese il no- stro piccino ha cominciato a dormire con difficoltà», mi scrive Silvia.
Per una famiglia è un evento stressante perché crea dei circoli viziosi di stanchezza – impossibilità di dormire – tensione, che logorano il rapporto tra genitori e figlio, e tra marito e moglie. Ecco tre abbozzi di “lettura” di questi segnali. Il primo è fisiologico: è un’età in cui potrebbe esserci il dolore dei dentini che spingono per ta- gliare le gengive, disagio che si amplifica stando sdraiati. Occorre poi verificare che l’ambiente non sia caldo e che il bimbo non sia vestito troppo. Il medico potrà tran- quillizzare riguardo lo stato di salute generale, e questo Silvia l’ha già fatto: «Il pediatra ci ha detto che è una fase normale in quanto, a quell’età, i bimbi cercano la presenza della mamma». E così siamo introdotti alla lettura psicologica: è intorno ai 7 mesi che il bambino comincia a star sveglio intenzionalmente. Prima poteva essere disturbato principalmente da stimoli interni (fame, coliche), invece adesso le sue energie sono orientate a consolidare il rapporto con la mamma. C’è l’angoscia per la temporanea perdita che non gli permette di rilassarsi completamente. In genere i genitori imparano come far fronte a questo tipo di difficoltà: creare un clima tran- quillo, la favola, l’orsacchiotto come oggetto di transizio- ne, orari regolari. Ma c’è una frase nella bella lettera di Silvia che ci potrebbe orientare verso una lettura di tipo “relazionale”: «La cosa strana è che questo periodo non è coinciso con l’inizio del lavoro, “l’insonnia” è cominciata circa un mese prima». Perché non considerare il piccolo talmente competente da captare la preoccupazione della mamma per l’inizio del lavoro? «Come farò? Ne soffrirà? Che pena sarà per lui senza di me...». Ed esprime la pre- occupazione “per conto” della madre. Se, Silvia, senti che potrebbe esser questo, coinvolgi tuo marito. Per gli uomi- ni generalmente il distacco è vissuto con più naturalezza. Accompagnate insieme il momento della nanna.Poi tu esci, e il papà continui a tranquillizzare il bimbo. Tenete le porte aperte e fate sentire che ci siete in casa, presenti e sereni. Riguardo il fatto di tenerlo a letto insieme a voi, cosa che state facendo, non è la fine del mondo ma nemmeno bisogna indugiare troppo. In tre su un letto è disturbante, anche per lui. Parlategli con calma, come se capisse tutto. Tranquillizzerà lui e sarai più tranquilla anche tu.
Per una famiglia è un evento stressante perché crea dei circoli viziosi di stanchezza – impossibilità di dormire – tensione, che logorano il rapporto tra genitori e figlio, e tra marito e moglie. Ecco tre abbozzi di “lettura” di questi segnali. Il primo è fisiologico: è un’età in cui potrebbe esserci il dolore dei dentini che spingono per ta- gliare le gengive, disagio che si amplifica stando sdraiati. Occorre poi verificare che l’ambiente non sia caldo e che il bimbo non sia vestito troppo. Il medico potrà tran- quillizzare riguardo lo stato di salute generale, e questo Silvia l’ha già fatto: «Il pediatra ci ha detto che è una fase normale in quanto, a quell’età, i bimbi cercano la presenza della mamma». E così siamo introdotti alla lettura psicologica: è intorno ai 7 mesi che il bambino comincia a star sveglio intenzionalmente. Prima poteva essere disturbato principalmente da stimoli interni (fame, coliche), invece adesso le sue energie sono orientate a consolidare il rapporto con la mamma. C’è l’angoscia per la temporanea perdita che non gli permette di rilassarsi completamente. In genere i genitori imparano come far fronte a questo tipo di difficoltà: creare un clima tran- quillo, la favola, l’orsacchiotto come oggetto di transizio- ne, orari regolari. Ma c’è una frase nella bella lettera di Silvia che ci potrebbe orientare verso una lettura di tipo “relazionale”: «La cosa strana è che questo periodo non è coinciso con l’inizio del lavoro, “l’insonnia” è cominciata circa un mese prima». Perché non considerare il piccolo talmente competente da captare la preoccupazione della mamma per l’inizio del lavoro? «Come farò? Ne soffrirà? Che pena sarà per lui senza di me...». Ed esprime la pre- occupazione “per conto” della madre. Se, Silvia, senti che potrebbe esser questo, coinvolgi tuo marito. Per gli uomi- ni generalmente il distacco è vissuto con più naturalezza. Accompagnate insieme il momento della nanna.Poi tu esci, e il papà continui a tranquillizzare il bimbo. Tenete le porte aperte e fate sentire che ci siete in casa, presenti e sereni. Riguardo il fatto di tenerlo a letto insieme a voi, cosa che state facendo, non è la fine del mondo ma nemmeno bisogna indugiare troppo. In tre su un letto è disturbante, anche per lui. Parlategli con calma, come se capisse tutto. Tranquillizzerà lui e sarai più tranquilla anche tu.
Lettone sì, lettone no
Approssimando, ci sono due grandi filoni di pensiero: quello americano è per il “lettone sì” adducendo soprattutto motivazioni derivate dall’etologia. Nei mammiferi è naturale che i cuccioli dormano insieme ai genitori: dà sicurezza, è protettivo, sincronizza i ritmi biologici di adulti e piccoli, e, se vissuto naturalmente, altrettanto natu- ralmente i bimbi usciranno dal lettone spontaneamente.
Sostenitrici assolutamente del “lettone no” sono invece le ricerche nord europee, per le quali il lettone crea dipendenza, ed è meglio fin da piccoli essere autonomi per imparare a consolarsi da soli.
Approssimando, ci sono due grandi filoni di pensiero: quello americano è per il “lettone sì” adducendo soprattutto motivazioni derivate dall’etologia. Nei mammiferi è naturale che i cuccioli dormano insieme ai genitori: dà sicurezza, è protettivo, sincronizza i ritmi biologici di adulti e piccoli, e, se vissuto naturalmente, altrettanto natu- ralmente i bimbi usciranno dal lettone spontaneamente.
Sostenitrici assolutamente del “lettone no” sono invece le ricerche nord europee, per le quali il lettone crea dipendenza, ed è meglio fin da piccoli essere autonomi per imparare a consolarsi da soli.