LA MAMMA SI TAGLIA I CAPELLI E IL FIGLIO DI SEI ANNI NON LA VUOLE PIÙ GUARDARE. CAMBIA LE PIASTRELLE E LUI È ANGOSCIATO. CHE SUCCEDE?
Alcuni bambini vivono molto male i cambiamenti, e a nulla valgono i tentativi di rassicurazioni dei genitori. Anzi, a volte pare che l’ansia dei pic- coli sia contagiosa, e tutta la famiglia – soprattutto a partire dalla mamma – si agita.
Succede ad esempio a Simona che, mi scrive, «quando mi sono tagliata i capelli mio figlio di 6 anni è andato in crisi: non poteva più guardarmi, scappava via da me. Sarò stata forse troppo drastica? Da quel giorno è diventato ansioso per tutto: abbiamo cambiato le piastrelle della cucina e non voleva più entrare in quella stanza, abbiamo spostato un mobile e lui, urlava: “Perché l’hai fatto?”».
Proprio adesso che tutto sembrava essersi sistemato. Sì, perché Simona, nella sua lettera, ci scrive anche di una operazione per un tumore al seno che – se ho fatto bene i calcoli – è avvenuta quando il figliolo in questione aveva circa un anno e mezzo.
La chemioterapia, la perdita dei capelli, non è che gli ricordi qualcosa di poco felice, un periodo buio, pieno di tensioni, ansie paure? Il sospetto è fin troppo fondato.
Allora, Simona, immagina la sua angoscia: se tu cercherai di sminuire le sue preoccupazioni lui si sentirà preso in giro, o penserà che tu gli stia mentendo per non preoccuparlo. Se invece lo rimprovererai, lui si sentirà non capito, e sempre più arrabbiato.
In questo caso, come suggerisce la psicanalista francese
Francoise Dolto, la cosa migliore è parlarne con trasparenza e dolcezza, rassicurando il bambino, dicendogli più o meno così: «Capisco che tu possa sentirti preoccupato perché la mamma senza capelli ti fa venire in mente quando ero ammalata. Ma non ti devi preoccupare, io sto benissimo. Questa volta li ho tagliati perché volevo essere più bella!».
La figura del papà – abbiamo più volte avuto modo di sottolinearlo – ha per sua natura qualche marcia in più nel contenere l’ansia e nell’aiutare a superare positivamente questi momenti di empasse. I padri sono in genere meno empatici ma, di fronte ad uno stato d’ansia, se si impegnano un pochino, sapranno più delle madri non farsi invadere dai sentimenti del figlio. L’ideale quindi per spezzare quei circoli viziosi di cui accennavamo all’inizio, per cui l’ansia di madre e figlio si rinforzano a vicenda. Parla con tuo marito che – da quello che capisco – è un pochino lontano dalla vostra relazione, e chiedigli semplicemente di passare un po’ di tempo in più con vostro figlio. «A far che?» ti chiederà lui. «Nulla di particolare – gli risponderai – parlagli un po’, portatelo a fare un giro, portalo con te sul lavoro, fagli respirare la tua forza».
Di che cosa hai paura?
La paura della notte. La paura della Tv. La paura della scuola. La paura di essere abbandonati perché la famiglia si sfalda. La paura di non essere all’altezza. La paura di non essere belli.
Sono queste le paure dei bambini emerse da un’indagine condotta fra 1.500 alunni delle scuole di Roma. Molte paure sono uguali a quelle vissute dalle vecchie generazioni, ma molte sono esclusive dei bambini di oggi dovute al nuovo modello di società che si è andata rapidamente evolvendo e vuole che il bambino diventi presto un adulto, ma poi non gli dà gli strumenti necessari per gestire la propria autonomia.
Succede ad esempio a Simona che, mi scrive, «quando mi sono tagliata i capelli mio figlio di 6 anni è andato in crisi: non poteva più guardarmi, scappava via da me. Sarò stata forse troppo drastica? Da quel giorno è diventato ansioso per tutto: abbiamo cambiato le piastrelle della cucina e non voleva più entrare in quella stanza, abbiamo spostato un mobile e lui, urlava: “Perché l’hai fatto?”».
Proprio adesso che tutto sembrava essersi sistemato. Sì, perché Simona, nella sua lettera, ci scrive anche di una operazione per un tumore al seno che – se ho fatto bene i calcoli – è avvenuta quando il figliolo in questione aveva circa un anno e mezzo.
La chemioterapia, la perdita dei capelli, non è che gli ricordi qualcosa di poco felice, un periodo buio, pieno di tensioni, ansie paure? Il sospetto è fin troppo fondato.
Allora, Simona, immagina la sua angoscia: se tu cercherai di sminuire le sue preoccupazioni lui si sentirà preso in giro, o penserà che tu gli stia mentendo per non preoccuparlo. Se invece lo rimprovererai, lui si sentirà non capito, e sempre più arrabbiato.
In questo caso, come suggerisce la psicanalista francese
Francoise Dolto, la cosa migliore è parlarne con trasparenza e dolcezza, rassicurando il bambino, dicendogli più o meno così: «Capisco che tu possa sentirti preoccupato perché la mamma senza capelli ti fa venire in mente quando ero ammalata. Ma non ti devi preoccupare, io sto benissimo. Questa volta li ho tagliati perché volevo essere più bella!».
La figura del papà – abbiamo più volte avuto modo di sottolinearlo – ha per sua natura qualche marcia in più nel contenere l’ansia e nell’aiutare a superare positivamente questi momenti di empasse. I padri sono in genere meno empatici ma, di fronte ad uno stato d’ansia, se si impegnano un pochino, sapranno più delle madri non farsi invadere dai sentimenti del figlio. L’ideale quindi per spezzare quei circoli viziosi di cui accennavamo all’inizio, per cui l’ansia di madre e figlio si rinforzano a vicenda. Parla con tuo marito che – da quello che capisco – è un pochino lontano dalla vostra relazione, e chiedigli semplicemente di passare un po’ di tempo in più con vostro figlio. «A far che?» ti chiederà lui. «Nulla di particolare – gli risponderai – parlagli un po’, portatelo a fare un giro, portalo con te sul lavoro, fagli respirare la tua forza».
Di che cosa hai paura?
La paura della notte. La paura della Tv. La paura della scuola. La paura di essere abbandonati perché la famiglia si sfalda. La paura di non essere all’altezza. La paura di non essere belli.
Sono queste le paure dei bambini emerse da un’indagine condotta fra 1.500 alunni delle scuole di Roma. Molte paure sono uguali a quelle vissute dalle vecchie generazioni, ma molte sono esclusive dei bambini di oggi dovute al nuovo modello di società che si è andata rapidamente evolvendo e vuole che il bambino diventi presto un adulto, ma poi non gli dà gli strumenti necessari per gestire la propria autonomia.