NELLE SCUOLE SI PROPONE L’EDUCAZIONE SESSUALE. MA A VOLTE È PURA INFORMAZIONE GENITALE E ANTICONCEZIONALE. A CHE COSA DEVONO ASSISTERE I NOSTRI RAGAZZI?
«Insegno in un Liceo – scrive Marina di Trento –. E la settimana scorsa ho avuto occasione di assistere ad un’as- semblea di istituto per parlare di affettività e sessualità. Sono stati illustrati in lungo e in largo i vari sistemi anticoncezionali, e si sono biasimate le famiglie “bigotte” che non educano alla sessualità responsabile e che poi allora si trovano le figlie incinte. Forse è perché ho un’altra età, ma non mi pare che sia questo il modo di affrontare l’argomento». E per fortuna non sei l’unica a pensarla così, cara Marina. È solo l’inizio della tua lunga lettera nella quale suggerisci di parlare anche dell’affetto che lega due persone, di scelte, di valori.
È vero, l’educazione sessuale ha preso in molti contesti una deriva “genitalistica e anticoncezionalistica” e rischia di ridursi solo alla spiegazione di un fatto meccanico. Non si tiene conto che si fa cultura anche dal modo in cui si affrontano questi argomenti. Se ad un’assemblea di studenti (quasi tutti minorenni peraltro) li tratto dando per scontato che loro siano “sessualmente attivi” che messaggio lancio? E come si sentiranno quelli che – per scelta o per mancanza di occasioni – non lo sono? Forse persone che stanno perdendo l’occasione di fare qualcosa di veramente interessante!
Gli adolescenti sono già curiosi e trasgressivi per natura e certe prese di posizione possono essere molto pericolose.
La sessualità – bisogna farlo capire ai giovani ma a quanto pare anche a certi adulti – non è un esercizio ginnico condito con un po’ di componente emotivo-affettiva.
Dov’è finita la trepidazione, l’attesa, il limite, il confine? Pare che in nome della “libertà” ognuno sia libero di sperimentarsi come meglio crede, con chi vuole, quando vuole. Certo che con un training così non c’è da stupirsi se quando questi giovani crescono non riescono a tenere una relazione stabile. Non occorre nemmeno tirare fuori discorsi di valore; banalmente si può prendere a prestito la prassi sportiva dell’allenamento per raggiungere una performance. Così è per lo stile di relazione: se mi alleno all’attesa, alla fedeltà e all’affidarmi, penso che diventerò paziente, fiducioso e rispettoso dei tempi di ognuno. Se mi alleno a prendere al volo ogni emozione, è logico che una persona non mi basterà per far fronte agli stimoli e ai cambiamenti che la vita presenta. L’apice dell’espressione della sessualità si chiama – non a caso – “rapporto”. E costruire un rapporto è faccenda delicata, affascinante, da adulti. Riscoprire il valore etico, spirituale, valoriale dell’educazione sessuale non è da bigotti. È un grande dono che possiamo e dobbiamo fare ai nostri ragazzi.
È vero, l’educazione sessuale ha preso in molti contesti una deriva “genitalistica e anticoncezionalistica” e rischia di ridursi solo alla spiegazione di un fatto meccanico. Non si tiene conto che si fa cultura anche dal modo in cui si affrontano questi argomenti. Se ad un’assemblea di studenti (quasi tutti minorenni peraltro) li tratto dando per scontato che loro siano “sessualmente attivi” che messaggio lancio? E come si sentiranno quelli che – per scelta o per mancanza di occasioni – non lo sono? Forse persone che stanno perdendo l’occasione di fare qualcosa di veramente interessante!
Gli adolescenti sono già curiosi e trasgressivi per natura e certe prese di posizione possono essere molto pericolose.
La sessualità – bisogna farlo capire ai giovani ma a quanto pare anche a certi adulti – non è un esercizio ginnico condito con un po’ di componente emotivo-affettiva.
Dov’è finita la trepidazione, l’attesa, il limite, il confine? Pare che in nome della “libertà” ognuno sia libero di sperimentarsi come meglio crede, con chi vuole, quando vuole. Certo che con un training così non c’è da stupirsi se quando questi giovani crescono non riescono a tenere una relazione stabile. Non occorre nemmeno tirare fuori discorsi di valore; banalmente si può prendere a prestito la prassi sportiva dell’allenamento per raggiungere una performance. Così è per lo stile di relazione: se mi alleno all’attesa, alla fedeltà e all’affidarmi, penso che diventerò paziente, fiducioso e rispettoso dei tempi di ognuno. Se mi alleno a prendere al volo ogni emozione, è logico che una persona non mi basterà per far fronte agli stimoli e ai cambiamenti che la vita presenta. L’apice dell’espressione della sessualità si chiama – non a caso – “rapporto”. E costruire un rapporto è faccenda delicata, affascinante, da adulti. Riscoprire il valore etico, spirituale, valoriale dell’educazione sessuale non è da bigotti. È un grande dono che possiamo e dobbiamo fare ai nostri ragazzi.