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UN UOMO IN CARRIERA

7/1/2011

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PIU LEI E' ANSIOSA E PIU' LUI SI SENTE FRUSTRATO E COMPRESSO, PIU' LUI E' FRUSTRATO PIU' LEI SI SENTE ANSIOSA E SOLA.

Caro Marco, io e mia moglie spesso ci troviamo a discutere sul differente peso che diamo al lavoro. Per me è un importante momento di realizzazione personale con tempi variabili, possibile accettazione di mobilità e di compensi incentivati, per lei momento di sicurezza familiare però da incasellare in schemi rigidi e precisi tanto da ‘bollare’ il mio approccio come disinteresse verso la famiglia. A volte questo non ci permette di essere sereni, e ogni cambiamento di programma viene vissuto come una tragedia. Avremmo bisogno di qualche spunto di riflessione.

Lino e Tiziana - via mail

Che cos’è la professione? Un modo per guadagnare il pane quotidiano? Un ambito di realizzazione? Un indicatore dello stato sociale? Forse tutte queste cose insieme e forse ancora di più.

Cari Lino e Tiziana, vi assicuro e vi rassicuro che è piuttosto comune che tra coniugi si presentino dinamiche come le vostre. In molte famiglie lui vorrebbe dedicarsi anima e corpo al lavoro e sente che lei mette una sorta di lazo attorno al suo collo per richiamarlo agli impegni familiari. E le immagini che hanno l’uno dell’altra sono speculari e distorte. Lui vede lei come una tiranna capricciosa che invece di ringraziarlo per quanto si sacrifica lo rimprovera; lei vede lui come un inaffidabile che si appassiona per ogni
nuova opportunità lavorativa e non altrettanto per la famiglia.

A questo punto come vi sentite? Frustrato e ansiosa.

E queste due posizioni tendono a rinforzarsi in un circolo vizioso piuttosto noto: più lei è ansiosa e più lui si sente frustrato e compresso, più lui è frustrato più lei si sente ansiosa e sola.

E così lei: «Non ci sei mai! Questa casa non è un albergo!». E lui: «Sei soffocante! I miei colleghi sono ancora al lavoro!». E ognuno porta esempi a sostegno della sua tesi, gli amici che più fanno comodo, le teorie psico-pedagogiche tirate per la giacchetta: «È la qualità del tempo che conta!», o «Le famiglie più sane concordano i tempi».

La domanda che invece si deve fare Tiziana sarà: «Che posso fare perché Lino si possa realizzare come piace a lui? » E Lino: «Di quali rassicurazioni ha bisogno Tiziana per non sentirsi sola? »

Queste domande non vi risolveranno il problema ma vi permetteranno di impostarlo nel giusto modo. Attenzione però! Le soluzioni trovate dovranno arrivare attraverso un percorso empatico, non tecnico. Sarà infatti dalla percezioni di essere stati capiti che vi deriverà la sicurezza, e quindi la disponibilità al cambiamento.

L’accordo è una delle poche esperienze nelle quali il viag- gio è più importante della meta.
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    AUTORE

    Marco Scarmagnani
    giornalista e
    consulente familiare

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