L’ARRIVO DELLA MALATTIA NON COINVOLGE SOLO IL PAZIENTE. COME REAGISCE LA FAMIGLIA? COME AFFRONTARLA? QUANDO E QUANTO È GIUSTO PARLARNE?
«In che misura è giusto che un genitore renda partecipe un figlio dei propri problemi di salute? È giu- sto parlare con loro anche di questo? In fin dei conti sono grandi quanto basta per capire... Certo la questione non è semplice ma la malattia non lo è mai.»
Sono le domande che si fa Silvia, da poco a conoscenza che un amico di famiglia «probabilmente ha la leucemia... Deve essere ricoverato in ospedale, una situazione non facile e per niente felice. Parlando con lui ha detto che la cosa che gli riesce più difficile è il rapporto con i figli. Ne ha due e sono adolescenti».
Quanti pensieri affollano la mente di chi scopre una malattia importante, ad esito incerto. Quante preoccupazioni.
Che succederà di me? Che sarà del mio corpo? Dei miei progetti? Come lo dirò ai miei figli, a mia moglie, ai miei genitori? Come potrò proteggerli dal dolore? Come potrò garantire loro un futuro? Come cambierà la nostra vita?
La malattia non coinvolge solo il tuo amico, cara Silvia, ma tutta la sua famiglia. È tutto il sistema che si dovrà riadattare alla nuova situazione, preoccuparsi, sperare, affrontare le difficoltà, consolarsi, stringersi e farsi forza. La reazione dei familiari di fronte ad una malattia, dicono alcuni recenti studi, va dalla negazione all’ipercoinvolgimento, da chi riceve risposte evitanti e distanzianti del tipo «Cosa vuoi che sia?» a chi viene soffocato da cure che veicolano ansia, che bloccano il malato anche quando dovrebbe trovare spazi di una rielaborata autonomia.
Quello che è certo è che – trascorso un congruo tempo di rielaborazione personale ed eventualmente di coppia – la via da percorrere è in ogni caso quella della comunicazione più trasparente possibile per evitare di creare zone di “vuoto comunicativo”, nel quale i bambini e i ragazzi percepiscono che c’è qualcosa che non va ma non riesco- no a dare un nome a quello che sta succedendo. È ovvio che la modalità comunicativa dovrà adattarsi alleetà: un bambino piccolo, che non ha molti meccanismi di difesa, dovrà essere preservato da particolari sulla malattia che possono essere per lui troppo pesanti da portare. Tuttavia bisognerà essere pronti a rispondere con chiarezza a tutte le sue domande.
Gli adolescenti invece, come i figli dei quali parla la nostra lettrice, andranno informati con molta
precisione. Solitamente loro hanno un atteggiamento che pare distaccato, ma nel profondo sono molto preoccupati. Anche la malattia e la sofferenza – che fanno parte della vita – possono essere un’occasione per crescere nella profondità e nella verità dei legami familiari.
La reazione
Ogni famiglia reagisce in modo differente all’annuncio di una malattia. La recente psicooncologia ha comunque individuato l’attraversamento di fasi spesso parallele a quelle che vive il paziente stesso: fase di shock: angoscia paralizzante; fase di negazione: vengono contattati più medici nella speranza di un errore diagnostico; fase di disperazione: emergono tristezza e paura; fase rielaborativa: emerge lo stile familiare: di negazione, iperpro- tettivo ed eccessivamente coinvolto, o distaccato; fase di accettazione: le difficoltà vengono affrontate e i cambiamenti nelle dinamiche familiari portano alla costituzione di un nuovo equilibrio.
«In che misura è giusto che un genitore renda partecipe un figlio dei propri problemi di salute? È giu- sto parlare con loro anche di questo? In fin dei conti sono grandi quanto basta per capire... Certo la questione non è semplice ma la malattia non lo è mai.»
Sono le domande che si fa Silvia, da poco a conoscenza che un amico di famiglia «probabilmente ha la leucemia... Deve essere ricoverato in ospedale, una situazione non facile e per niente felice. Parlando con lui ha detto che la cosa che gli riesce più difficile è il rapporto con i figli. Ne ha due e sono adolescenti».
Quanti pensieri affollano la mente di chi scopre una malattia importante, ad esito incerto. Quante preoccupazioni.
Che succederà di me? Che sarà del mio corpo? Dei miei progetti? Come lo dirò ai miei figli, a mia moglie, ai miei genitori? Come potrò proteggerli dal dolore? Come potrò garantire loro un futuro? Come cambierà la nostra vita?
La malattia non coinvolge solo il tuo amico, cara Silvia, ma tutta la sua famiglia. È tutto il sistema che si dovrà riadattare alla nuova situazione, preoccuparsi, sperare, affrontare le difficoltà, consolarsi, stringersi e farsi forza. La reazione dei familiari di fronte ad una malattia, dicono alcuni recenti studi, va dalla negazione all’ipercoinvolgimento, da chi riceve risposte evitanti e distanzianti del tipo «Cosa vuoi che sia?» a chi viene soffocato da cure che veicolano ansia, che bloccano il malato anche quando dovrebbe trovare spazi di una rielaborata autonomia.
Quello che è certo è che – trascorso un congruo tempo di rielaborazione personale ed eventualmente di coppia – la via da percorrere è in ogni caso quella della comunicazione più trasparente possibile per evitare di creare zone di “vuoto comunicativo”, nel quale i bambini e i ragazzi percepiscono che c’è qualcosa che non va ma non riesco- no a dare un nome a quello che sta succedendo. È ovvio che la modalità comunicativa dovrà adattarsi alleetà: un bambino piccolo, che non ha molti meccanismi di difesa, dovrà essere preservato da particolari sulla malattia che possono essere per lui troppo pesanti da portare. Tuttavia bisognerà essere pronti a rispondere con chiarezza a tutte le sue domande.
Gli adolescenti invece, come i figli dei quali parla la nostra lettrice, andranno informati con molta
precisione. Solitamente loro hanno un atteggiamento che pare distaccato, ma nel profondo sono molto preoccupati. Anche la malattia e la sofferenza – che fanno parte della vita – possono essere un’occasione per crescere nella profondità e nella verità dei legami familiari.
La reazione
Ogni famiglia reagisce in modo differente all’annuncio di una malattia. La recente psicooncologia ha comunque individuato l’attraversamento di fasi spesso parallele a quelle che vive il paziente stesso: fase di shock: angoscia paralizzante; fase di negazione: vengono contattati più medici nella speranza di un errore diagnostico; fase di disperazione: emergono tristezza e paura; fase rielaborativa: emerge lo stile familiare: di negazione, iperpro- tettivo ed eccessivamente coinvolto, o distaccato; fase di accettazione: le difficoltà vengono affrontate e i cambiamenti nelle dinamiche familiari portano alla costituzione di un nuovo equilibrio.