FINO A CHE ETÀ SI RIMANE “FIGLI”? FINO ALL’INDIPENDENZA ECONOMICA? O FINO ALL’USCITA DI CASA? O FORSE FINO ALLA MORTE DEI GENITORI E OLTRE? MA ESSERE FIGLI NON VUOL DIRE “FARE I RAGAZZI”
"Pronto dottore – all’altro capo del telefono una voce femminile elegante e pacata – vorrei prendere un appunta- mento con lei perché ho problemi con i miei figli».
«Va bene signora, viene da sola o con suo marito?», intan- to raccolgo le prime informazioni. Attimo di silenzio: «Mio marito? Ah, no no, vengo solo io... le dirò».
Tutto potevo aspettarmi meno che la donna che mi si presentava davanti avesse la bellezza di 68 (!) anni. Alla faccia dei figli! 40 anni il più giovane e 44 la figlia mag- giore. Entrambi in casa, entrambi con lavori precari, en- trambi con delusioni amorose alle spalle.
Altra scena: mamma 60enne viene ansiosa per quel figlio 35enne che – una volta licenziato – si è «buttato giù e adesso non va nemmeno più a cercar lavoro. Passa le giornate a letto o davanti al televisore, poi sta un paio d’ore in bagno a lavarsi, curarsi e vestirsi bene, ed esce. Tutte le notti rientra alle 3, alle 4... quando va bene».
Figli del ricco Veneto. Figli che negli anni 80 e 90 guida-vano orgogliosi neopatentati il fuoristrada di papà. Figli di genitori che hanno sgobbato una vita per mettere a regime un’impresa familiare che ha dato una sicurezza economica insperata. Il miracolo del nordest!
A scuola molti non avevano nemmeno bisogno di im- pegnarsi perché – tanto – qui il lavoro non è mai manca- to, il posto assicurato nell’azienda o nello studio di papà, e se rompe si trova comunque un lavoretto ben pagato e con buone prospettive di carriera.
Ma i tempi cambiano e gli ultimi anni sono piuttosto sfavorevoli. L’attività di papà si è spenta con lui; quando ha raggiunto la pensione, nessuno ne ha raccolto l’eredità, e anche le imprese degli amici non cercano personale. Restano le belle ville semideserte, i genitori anziani, e quel gruzzoletto che permette di dire che – sì, va male – ma non così male da essere alla carità.
I genitori non hanno più forza, i figli non l’hanno mai allenata. E così si ferma la ruota, quel ricambio generazio- nale che da millenni fa della famiglia un’organismo vitale che si rigenera continuamente.
«Eh, dottore. Sa, è triste morire senza nipotini...» o «Vorrei almeno avere la soddisfazione di vedere i miei figli sistemati». È comune sentire una nebbia di tristissima immobilità che avvolge alcune famiglie al declino. Genitori con gli anni che avanzano e figli ormai canuti che si atteggiano da eterni 18enni.
Cambiare stile a 40 anni è molto più difficile che a 18.
Chi li salverà? E se fosse proprio questa crisi economica a dare in modo drammatico lo scossone di cui c’è bisogno?
«Va bene signora, viene da sola o con suo marito?», intan- to raccolgo le prime informazioni. Attimo di silenzio: «Mio marito? Ah, no no, vengo solo io... le dirò».
Tutto potevo aspettarmi meno che la donna che mi si presentava davanti avesse la bellezza di 68 (!) anni. Alla faccia dei figli! 40 anni il più giovane e 44 la figlia mag- giore. Entrambi in casa, entrambi con lavori precari, en- trambi con delusioni amorose alle spalle.
Altra scena: mamma 60enne viene ansiosa per quel figlio 35enne che – una volta licenziato – si è «buttato giù e adesso non va nemmeno più a cercar lavoro. Passa le giornate a letto o davanti al televisore, poi sta un paio d’ore in bagno a lavarsi, curarsi e vestirsi bene, ed esce. Tutte le notti rientra alle 3, alle 4... quando va bene».
Figli del ricco Veneto. Figli che negli anni 80 e 90 guida-vano orgogliosi neopatentati il fuoristrada di papà. Figli di genitori che hanno sgobbato una vita per mettere a regime un’impresa familiare che ha dato una sicurezza economica insperata. Il miracolo del nordest!
A scuola molti non avevano nemmeno bisogno di im- pegnarsi perché – tanto – qui il lavoro non è mai manca- to, il posto assicurato nell’azienda o nello studio di papà, e se rompe si trova comunque un lavoretto ben pagato e con buone prospettive di carriera.
Ma i tempi cambiano e gli ultimi anni sono piuttosto sfavorevoli. L’attività di papà si è spenta con lui; quando ha raggiunto la pensione, nessuno ne ha raccolto l’eredità, e anche le imprese degli amici non cercano personale. Restano le belle ville semideserte, i genitori anziani, e quel gruzzoletto che permette di dire che – sì, va male – ma non così male da essere alla carità.
I genitori non hanno più forza, i figli non l’hanno mai allenata. E così si ferma la ruota, quel ricambio generazio- nale che da millenni fa della famiglia un’organismo vitale che si rigenera continuamente.
«Eh, dottore. Sa, è triste morire senza nipotini...» o «Vorrei almeno avere la soddisfazione di vedere i miei figli sistemati». È comune sentire una nebbia di tristissima immobilità che avvolge alcune famiglie al declino. Genitori con gli anni che avanzano e figli ormai canuti che si atteggiano da eterni 18enni.
Cambiare stile a 40 anni è molto più difficile che a 18.
Chi li salverà? E se fosse proprio questa crisi economica a dare in modo drammatico lo scossone di cui c’è bisogno?